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"...l'Inutile, il Superfluo che ha preso forma"

Creato il 28 marzo 2011 da Robomana
Perché uno legge romanzi? Per trovare, scritto da altri, quello che già pensa ma non riesce ad articolare in maniera chiara. L'ho pensato ieri notte, mentre leggevo questo passo di La torre di Uwe Tellkamp, grande romanzo di cui avevo parlato qui. A un certo punto del libro, nella Dresda di metà anni '80, durante gli ultimi e decadenti anni della DDR, si inaugura il nuovo Teatro dell'Opera, ricostruito a copia carbone di quello vecchio, andato distrutto nel bombardamento della città nel '45. E un personaggio dice:
"Sì, sì, i cari dresdiani," meditò Arbogast, "desiderano sempre e solo tornare indietro. Neogotico, neorinascimentale, neomonarchie. Diventano grandi là dove possiedono 'di nuovo' qualcosa, dove possono di nuovo costruire... Il loro stile è un insieme di cose rubate, eclettico, non primitivo... e tuttavia nel complesso ha qualcosa di specifico, ed è anche amabile. Forse è questa la pratica dell'arte del futuro: ripetere qualcosa, pur pagando un tributo al tempo, così ciò che è stato diventi qualcosa di segretamente nuovo, possibilmente riconosciuto anche nella sua profondità, in modo tale da poter essere apprezzato. Un'arte della traduzione, in un certo senso... (...) Questo Teatro dell'opera è un sogno, è l'Inutile, il Superfluo che ha preso forma."

E' vero, insomma, che Tellkamp, scrittore degli anni Duemila, sa già cosa è il postmoderno e gli viene facile metterlo in bocca a un personaggio di metà anni '80, ma non mi è mai capitato di leggere qualcosa di altrettanto lucido sulla pratica artistica più comune della contemporaneità.
Da un anno circa, da quando esiste questo misero blog, mi sforzo di capire perché nell'arte dei nostri tempi - e in particolare, mi sento di dire, nella musica - il passato, o meglio il tributo a esso, sia spesso l'unico obiettivo riconoscibile o l'unico parametro per giudicare la qualità di un'opera. Mi chiedo perché sia più accettata la possiblità di ricreare piuttosto che quella di creare, con la conseguenza di erigere infinite cattedrali sul nulla. Lì, nella DDR, il nulla era ovunque, cinque anni dopo si sarebbe sciolto per una breccia nel muro, ma per noi che siamo cresciuti dall'altra parte le cose non sono andate diversamente: nessun stravolgimento politico, certo, ma un superfluo che si è fatto unica forma riconoscibile.

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