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L'invenzione del Dio cristiano

Creato il 17 agosto 2011 da Andream

«Gesù. L'invenzione del Dio cristiano» (II) Chi era Gesù

In questo articolo parlo del contenuto del primo capitolo de Gesù. L'invenzione del Dio cristiano, di Paolo Flores d'Arcais, intitolato «Chi era Gesù». Per una presentazione dell'opera, si veda «"Gesù. L'invenzione del Dio cristiano" (II)».

Gesù non era cristiano. Era un ebreo osservante, rimasto tale fino alla morte, che mai avrebbe immaginato di dar vita a una nuova religione e men che mai di fondare una «Chiesa».
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Gesù non si è mai sognato di proclamarsi il Messia, e se qualcuno degli apostoli ha ipotizzato che fosse «Cristo» (traduzione greca dell'ebraico meshiah e dell'aramaico mashiha, «unto») lo ha fulminato di anatema.
[...]
Joshua bar Joseph era un profeta ebreo itinerante, esorcista e guaritore, un missionario apocalittico che annunciava l'euaggelion (buona novella) dell'arrivo imminente, anzi incombente, del Regno per opera di Dio.

Inizia così il primo capitolo di Gesù. L'invenzione del Dio cristiano, di Paolo Flores d'Arcais, con quella che potrebbe essere una conclusione: il profilo sommario cui sono giunti, sia pure con i dovuti distinguo, gli studiosi contemporanei del Gesù storico.
La distanza tra il Gesù della storia e il Cristo della fede è tanto ampia quanto importante, e d'Arcais cita Ratzinger quando sottolinea come l'identità tra queste due figure sia fondamentale per la fede, e, dunque, quanto pericolosa la loro separazione.
A tal proposito, d'Arcais analizza una delle conclusioni di Ratzinger sulla comunità cristiana delle origini. Secondo l'attuale pontefice, infatti, tra gli apostoli vi fu «concordia fin dall'inizio» sul fatto che «i sacrifici del tempio - il centro cultuale della Torà - erano superati». D'Arcais fa invece notare come non vi fosse questa concordia sulla rinuncia ai sacrifici: Paolo dichiara di essere ebreo in tutto e per tutto e di offrire sacrifici al Tempio (Atti degli apostoli, 24:17) e, per dimostrare a Giacomo che lo sta accusando che è «gelosamente attaccato alla legge», accetta di accompagnare quattro uomini alla purificazione prima dell'offerta dei sacrifici (Atti degli apostoli21:20-26).
Se gli Atti degli apostoli, composti decenni dopo la morte di Gesù, riporta queste pratiche, evidentemente esse dovevano risalire a Gesù e ai suoi discepoli, che dunque non rigettarono la pratica cultuale del Tempio, ragiona d'Arcais con gli storici contemporanei. Se Giacomo «fratello di Gesù» e capo della Chiesa di Gerusalemme era sacerdote al Tempio, e se il ruolo dei sacerdoti era proprio quello di sacrificare, è evidente che anche Gesù e i suoi discepoli non intendevano interrompere le pratiche sacrificali, aggiungo io.
Questo che sembra un dettaglio è invece un elemento fondamentale: a differenza di quanto sostiene Ratzinger, la comunità «cristiana» non sostituì immediatamente il sacrificio di Gesù a quello del Tempio, ma continuò ad essere una comunità «ebraica», centrata attorno al Tempio e praticante, che si differenziava dagli altri ebrei per riconoscere il Gesù il Messia e attendere la sua prossima Parousia, il suo ritorno, la fine del mondo e l'inizio del Regno.


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