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L’invidia di Velásquez di Fabio Bussotti ci sorprenderà! – Sironi editore

Creato il 16 febbraio 2011 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

di Iannozzi Giuseppe

L’invidia di Velásquez di Fabio Bussotti ci sorprenderà! – Sironi editore
«Quando arrivò in Sironi, il romanzo si intitolava semplicemente Las meninas. Lo lessi, se non ricordo male, nel giugno dell’anno scorso. Ero in terrazza (la casa editrice Sironi è provvista di un’ottima terrazza), avevo sul tavolo davanti a me la consueta pila di dattiloscritti da leggere, e successe che, quel giorno, ne lessi solo uno. Las meninas, appunto. Non succede tanto spesso che io non sia capace, una volta iniziata la lettura, di fermarmi: di solito, quando trovo un testo che mi pare interessante, lo metto da parte per una lettura successiva. Invece con Las meninas cominciai a leggere, e non mi fermai prima di essere arrivato alla fine. Poi andai da Massimiliano Bianchini, il direttore editoriale, e gli dissi: “Questo romanzo qui ci ha un sacco di difetti, ma l’idea su cui si basa è una gran bella idea, e la costruzione è buona”». Così spiega Giulio Mozzi in un pezzo dal titolo “Novità Sironi / L’invidia di Velázquez, di Fabio Bussotti” che porta la sua firma.
“L’invidia di Velásquez” è l’opera prima di Fabio Bussotti, sostanzialmente un thriller che però ha la particolarità di serpeggiare fra docenti universitari, pittori, ricercatori e poliziotti, alcuni concussi, altri ancora un po’ imbecillotti, e uno o due un po’ troppo intelligenti e scaltri per poter essere apprezzati dai colleghi. I morti ammazzati tanti, come in tutti i thriller che si rispettino, altrimenti sarebbe un po’ difficile se non impossibile parlare di una storia poliziesca basata soprattutto sulla suspense. Non manca l’ironia; i personaggi, dal più insignificante a quello più importante, sono ben caratterizzati: c’è il commissario Bertone, scaltro e con qualche problema sentimentale non risolto, c’è il poliziotto alle prime armi costretto a far la spola dagli uffici dei colleghi al bar, c’è l’amico d’infanzia di Bertone ignorante ma figlio di papà che passa sopra i cadaveri di chiunque pur di far carriera. L’assortimento di poliziotti c’è tutto.

Per Bertone i giorni passano e basta: da quando Giuliana, la sua donna, l’ha mollato per un altro, il commissario è sulla bocca di tutti come uno che ha perso la bussola, capace sol più di sbronzarsi e di dare in escandescenze. Ma un giorno Natoli, un noto studioso di Estetica, viene fatto secco nel suo appartamento. Il caso lo prende Bertone, e quello che a tutti sembra un semplice tentativo di rapina dove c’è scappato il morto, al commissario invece non quadra. Bertone s’interroga: ci sono punti che non gli quadrano proprio, come: perché far fuori uno come Natoli, per rubargli che? E: come ha fatto l’assassino a fuggire indisturbato dal luogo del delitto? Il commissario è un tipaccio ostinato che quando si mette in testa un’idea, è ben difficile fargliela cambiare. L’ipotesi da tutti accettata che si sia di fronte a un tentativo di furto finito in tragedia non convince Bertone, il quale subito inizia a cercare indizi che confermino i suoi sospetti, per quanti questi possano essere precari: il commissario pensa che lo studioso di Estetica sia stato fatto fuori da qualcuno che cercava qualcosa in particolare. Ma cosa? Natoli negli ultimi anni aveva dedicato tutta la sua attenzione al pittore Diego De Silva Velázquez, con un accanimento ostinato verso la sua opera più ambigua Las Meninas. Ci vuol poco per scoprire che Natoli era gay e che aveva un compagno, un attore con le pezze al culo: l’omicidio dello studioso, dopo aver ascoltato un lacrimante innamorato pazzo a pezzi, viene presto classificato come un delitto passionale. Ma il commissario non ci crede: e ne è sicuro al cento per cento quando Ribomskij, l’attore compagno del defunto Natoli, viene trovato morto impiccato. E’ il commissario a trovare l’impiccato: c’è solo un problema, qualcuno vuol far credere che l’attore si sia suicidato divorato dal rimorso per aver ammazzato il vecchio studioso. Se agli altri poliziotti il delitto passionale con conseguente suicidio del presunto assassino Ribomskij sta bene, a Bertone no. Seppur ignorante come una capra in campo artistico, incapace di distinguere un Mantegna da un Tiziano, Bertone si intestardisce e comincia a bazzicare i colleghi di Natoli, pone domande in giro ricevendo mezze risposte, e si consuma gli occhi sui cervellotici scritti di Natoli capendoci poco o niente. A forza di passare gran parte del suo tempo a compulsare gli studi di Natoli e quelli dei suoi colleghi, nonché di Foucault e di altri criptici filosofi, qualche cosa comincia a capirla: il suo intuito non l’ha ingannato, lo studioso di Estetica deve esser stato fatto fuori per una ragione ben precisa.
Bertone intuisce che l’assassinio di Natoli si illuminerà di verità solo quando verrà dipanata l’oscurità che avvolge Velázquez e la sua opera Las Meninas. Il commissario, un cinquantenne con appena una accenno di pancetta e le gambe un po’ tozze, combattendo contro l’ostilità dei colleghi ma anche contro sé stesso ancora invischiato nel ricordo della moglie che gli morde l’anima a ogni momento, ricostruirà un mistero che è iniziato nel lontano 1656 e che nel 1956 è stato dissotterrato, almeno in parte, da Pablo Picasso e dall’antiquario Aronne Schilton. Non senza mettere a repentaglio la vita e la propria sanità mentale, il commissario si recherà in una Spagna di fuoco sulle orme di Velázquez, affogando i dispiaceri nella sangria ma incontrando anche una donna, una funzionaria delle Belle Arti Spagnole che è un gran bel tocco di femmina, forse l’angelo caduto dal paradiso che gli farà dimenticare una volte per tutte Giuliana che non ha saputo apprezzarlo. Insieme o quasi, Mafalda, la funzionaria delle Belle Arti, e Bertone, commissario di polizia italiano, si troveranno faccia a faccia con un potere secolare che ha diramazioni in ogni ufficio delle attività umane.

Lo stile di Fabio Bussotti è diretto, veloce, nei dialoghi molto cinematografico, così tanto che “L’invidia di Velásquez” si lascia leggere in meno d’una notte. Il romanzo di Bussotti non ha pretese intellettualoidi, né sostiene rigorose tesi artistiche, ha invece solo la ragionevole ambizione di divertire il lettore traducendolo in una storia ricca di intrighi e di sorprese, secondo i vecchi e collaudati escamotage narrativi di Agatha Christie, Arthur Conan Doyle, Red Stout, lontano dall’ignoranza stilistica di Giorgio Scerbanenco e dal suo nervosismo pessimista.

L’invidia di Velázquez – Fabio Bussotti – Sironi editore – Collana: Questo e altri mondi – 1ma edizione ottobre 2008 – 228 pp. – ISBN: 978-88-518-0110-6 – 15 €


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