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“L’invisibile canto del silenzio”

Creato il 20 dicembre 2010 da Fabry2010

Recensione di Giovanni Agnoloni

L’invisibile canto del silenzio – Parole e immagini nell’Abbazia di Chiaravalle
Foto di Andrea Aschedamini
Testi di Davide Sapienza

(ed. e distrib. EDUCatt – Ente per il Diritto allo Studio Universitario dell’Università Cattolica)

Si dice che le foto siano mute. Io non sono d’accordo. Soprattutto dopo aver letto e visto L’invisibile canto del silenzio, testo poetico di Davide Sapienza che dialoga con le foto di Andrea Aschedamini, aventi ad oggetto vedute e dettagli altamente evocativi dell’Abbazia di Chiaravalle, ai margini di Milano.
Le parole, qui, danno voce alle immagini, o meglio traducono in linguaggio lirico le vibrazioni naturali degli scatti fotografici. Temi di fondo, il silenzio e la contemplazione. Il silenzio che è contemplazione. E la contemplazione è, appunto, canto, ovvero tramite energetico verso un oltre che in realtà è già dentro le cose. È questa l’essenza degli spazi sacri, che concentrano in sé, come porte segrete, l’energia che conduce all’Eterno. L’energia che è spirito.
I versi di Davide Sapienza sono semplici come la pietra che dà forma a questa abbazia, ma profondi e risonanti come gocce di esperienza mistica. C’è un “tu” implicito (e a volte anche espresso), in questa sequenza di pensieri intimi, suggestivamente interpolati con citazioni latine di San Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) (una su tutte, tratta da una sua lettera a Enrico Murdach: “Credi a chi ne ha esperienza: nelle foreste troverai più che non nei libri. L’albero e le rocce ti insegneranno ciò che non puoi imparare dai maestri”).

“Ti hanno lasciato qui
a spremere la materia
Abbandona l’inutile
Conserva ciò che le spalle accettano”
,

scrive Sapienza. Qui vediamo bene quel Tu, che potrebbe essere Dio, il Santo stesso, oppure un interlocutore invisibile e silenzioso. Anzi, credo proprio che sia così. Il “canto” del titolo è il suo. È lui l’ispiratore delle parole di Sapienza. Sembra un bisticcio: “parole di Sapienza”. Ma non è solo questo. La sapienza, la sofìa, ci insegna Socrate, nasce dal dialogo, perché due voci, unite in un confronto profondo, possono arrivare a “tirar fuori” la Verità. E qui il Maestro, colui che esercita questa sublime arte che è la maieutica, non è una persona qualunque. È questo “Tu interiore”, che non esito a identificare come la voce del Sé Superiore del poeta, a braccetto con quello del fotografo e quello degli autori, mistici e materiali, di questo pregevole complesso di architettura sacra. Il Tu che si rispecchia nella natura, traendone alimento e ispirazione. È, forse, lo Spirito Guida o l’Angelo, figura evocata da alcune delle foto che raffigurano particolari di statue.
Una tra tutte, però, ricordo: un Cristo, che spicca per l’assoluta umiltà e quasi trasparenza. La trasparenza dello Spirito che si fa presente nella materia.

“Quello che si vedrà fuori
è la vostra unione
nell’invisibile canto del silenzio”.



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