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Lasse ( Hallstrom) è tornato a casa: in fuga da quei melodrammi hollywoodiani molto leccati e anche un po' patetici di cui era ormai diventato uno specialista, prigioniero di una sorta di ghetto artistico, una gabbia dalle sbarre dorate visto che i suoi incassi più o meno li ha portati sempre a casa, tornato nella natia Svezia si tuffa nel genere che va tanto di moda ora in Scandinavia, più o meno dal successo della saga Millennium creata su carta dal compianto Stieg Larsson e poi trasposta su piccolo e grande schermo un po' in tutte le salse e addirittura rifatta anche in quel di Hollywood da Fincher.
Non vorrei sbagliare ma in principio fu il romanzo Il senso di Smilla per la neve di Peter Hoeg a sdoganare il thriller scandinavo, con relativa trasposizione cinematografica ( un po' zoppicante ma di ambientazione assai suggestiva) di Bille August.
E' indubbio che il thriller scandinavo abbia un passo diverso da quello hollywoodiano e non è un caso che il passo lungo che ha è quasi più adatto al piccolo schermo che non al grande schermo.
L'ipnotista non sfugge a questa considerazione: dopo un incipit virato al rosso sangue in cui Hallstrom dà sfoggio anche di un certo estro visivo, il film si sofferma soprattutto sulla caratterizzazione dei personaggi in campo e non moltissimo sull'indagine che procede abbastanza stancamente. I colpi di scena , pur presenti in buon numero sono diluiti dall'elevato minutaggio ( siamo alle due ore piene, durata rischiosa per un genere in cui si deve mantenere sempre alta la tensione) e ci si sofferma forse troppo sulle crisi personali dei vari protagonisti, soprattutto la figura dell'ipnotista e della moglie che alla perdita del figlio scontano tutta una serie di problemi interni al loro matrimonio che deflagrano improvvisamente.
Altri personaggi sono lasciati un po' in disparte , tipo quello della sorella maggiore , dimostrandosi sostanzialmente inutili alla progressione drammaturgica del racconto.
L'ipnotista può contare su una confezione di lusso con una fotografia e una regia che fanno pensare a una matrice televisiva , di una discreta caratterizzazione dei protagonisti e di un buon livello recitativo, si avvale inoltre di ambientazioni suggestive soprattutto in un finale al calor bianco in cui registicamente Hallstrom si scrolla di dosso il torpore che lo aveva attanagliato nella parte centrale.
Latitano speigazioni e moventi del massacro ( trincerarsi dietro la pazzia è troppo comodo) ma mancano anche quelle svolte sentimentali tanto care agli script hollywoodiani e questo può essere visto solo positivamente.
L'ipnotista è il classico film medio , senza infamia nè lode, che non brilla certo per originalità o per altre doti particolari.
E' un compitino però fatto bene con una bella parte iniziale e una parte finale veramente thrilling ma che nel mezzo mostra inutili digressioni melodrammatiche.
A parte questo non me la sento proprio di condannarlo.
C'è di molto peggio in giro .
Certo, c'è anche di meglio ma talvolta bisogna accontentarsi...
Un'ultima cosa perchè utilizzare il termine ipnotista ( ai confini della lingua italiana ) e non ipnotizzatore?
( VOTO : 6 / 10 )
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