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“L’isola sotto il mare” di Isabel Allende

Creato il 28 giugno 2010 da Sulromanzo
“L’isola sotto il mare” di Isabel AllendeDi Elena Romanello
L'isola sotto il mare di Allende, un romanzo singolare
Isabel Allende sembra essersi ormai allontanata dalle ambientazioni nel Cile anni Settanta, durante la dittatura di Pinochet, su cui aveva costruito i suoi primi romanzi e senz'altro i suoi maggiori successi: ora come ora si dedica a romanzi storici, sempre raccontati da un punto di vista femminile se non femminista e preferendo raccontare storie comunque meno note, ambientate nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo fotografati in vari momenti storici. 
Ne L'isola sotto il mare Isabel porta i suoi lettori nella Haiti di fine Settecento, lo stesso Paese ritornato nei mesi scorsi all'attenzione mondiale per il terremoto che ha evidenziato la sua situazione di disagio cronico e non imputabile solo alla catastrofe contingente. In quegli anni il Paese caraibico era insanguinato dalla rivolta di Toussaint Loverdure, la prima lotta di un capo nero in un Paese dell'America latina per la libertà e l'indipendenza, ispirata alla Rivoluzione francese, un'epopea destinata a concludersi tragicamente per intervento dell'esercito di quel Napoleone portato alla ribalta dalla Rivoluzione stessa.
L'eroina stavolta è Zarité, detta Tété, schiava di colore di origini principesche tribali, in possesso di un ricco latifondista di origine francese e anche per un po' suo amante: come spesso accade nei libri della Allende, Zarité è al centro di un microcosmo di mogli pazze, preti in anticipo sui tempi, neri ribelli, figli legittimi e illegittimi, cortigiane creole, schiavi più rassegnati, un microcosmo che ancora una volta riesce a travolgere e avvincere, grazie ad uno stile sempre fresco, alla passione dell'autrice per gli eventi narrati e al gusto della narrazione avventurosa, già sperimentata negli ultimi romanzi in particolare, da Zorro a Ines dell’anima mia passando per la trilogia per ragazzi. Non manca nella storia una sensualità di fondo, elegante e mai volgare, e la scelta di stare, come sempre, dalla parte degli ultimi e dei meno noti, svolgendo la matassa della storia tra Haiti e New Orleans e mettendo in scena un mondo che finisce, quello dell'Ancien Régime che si evidenziava di riflesso anche nelle lontane colonie d'oltremare, e un mondo che sta per nascere, quello delle prime lotte contro la schiavitù e per i diritti civili, una strada lunga e dolorosa di cui qui viene narrato l'antefatto.
Senz'altro la saga della famiglia Trueba de La casa degli spiriti o le indagini di Irene e Francisco nella Santiago sconvolta dalla dittatura in D'amore e ombra erano più coinvolgenti, perché vissute sulla pelle dall'autrice, ma questi viaggi nel passato sono tutt'altro che poco avvincenti, oltre che ben documentati su fonti tra l'altro non così scontate proprio perché meno note: la storia di Tèté appassiona e commuove, così come quella di Haiti, riportata alla ribalta dopo il terremoto con le sue piaghe mai guarite che risalgono proprio a quel momento storico, quando mancò all'appuntamento con la modernità e la giustizia che sognavano Loverdure e tanti schiavi, non ultima Teté. 
L'unica pecca è un finale troppo affrettato, dopo pagine e pagine di un romanzo di ampio respiro la conclusione sembra appiccicata lì senza gran convinzione, anche se termina una storia. Ma gli elementi nella storia non mancano, tra il picaresco e il sentimentale, il melodramma e il romanzo storico d'avventura, e a questo punto c'è la curiosità di quale epopea cosiddetta minore deciderà di raccontarci Isabel Allende la prossima volta.

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