Sarà perché la politica in Italia presenta sorprese ogni giorno,
sarà perché politici e media di riferimento (i più diffusi) sono lontanissimi dalla gente
ma è comunque strano che nessuno abbia tentato una spiegazione accettabile del comportamento degli elettori nell’ultima tornata amministrativa.
Eppure sarebbe bastato conoscere cosa si aspettano, in generale, dal voto gli elettori di questo disgraziato paese e quanto la crisi li ha fatti attenti nel giudicare i politici.
Voto di opinione o voto clientelare che sia, noi votiamo perché chi scegliamo sulla scheda prenda, se eletto, delle decisioni in nostro favore.
O in linea con i nostri orientamenti di fondo, che crediamo migliorino la nostra condizione e quella dei nostri concittadini, oppure perché abbiamo un interesse materiale immediato che il prescelto potrà soddisfare, come è normale in molta parte della penisola (quello che impropriamente è d’uso chiamare “voto di scambio).
E’ sempre stato così, ma oggi la crisi ha cambiato i termini del problema, ..........
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Che i risultati elettorali segnino una svolta è certo, ma è una svolta che non costruisce nessuna alternativa incoraggiante per il sistema Italia.
La precedente tornata elettorale, quella per il parlamento romano, aveva rappresentato ancora un briciolo di speranza per gli elettori.
Quelli delle nostre regioni avevano punito la Lega, per la tragica situazione in cui li aveva trascinate con la prova data nella gestione inconcludente del potere, a Roma e al proprio vertice, e la gestione clientelare e interessata di molti dei suoi amministratori locali.
Il PDL, vero vincitore delle elezioni politiche, aveva rimontato la china pronosticata, non perché Berlusconi ci aveva messo la faccia, ma perché si era impegnato per provvedimenti immediati e semplici (fine dell’Imu, fine dei soldi ai partiti, ecc.), promesse su cui i suoi vecchi elettori contavano, perché in passato aveva mantenuto l’impegno a sopprimere l’Ici.
Nel bruciare della crisi, tendevano a condonargli le molte altre promesse non mantenute: “meglio pochi, maledetti e subito”.
Il PD ne era uscito bene, anche se “non vincitore”, perché si era presentato più aperto – con le primarie, anche se improprie – e poteva rappresentare un segno comunque di cambiamento, di alternativa, dopo il ventennio berlusconiano.
I transfughi da destra e sinistra avevano ingrossato l’esercito di Grillo – che sembrava imbattibile e deciso a tutto per cambiare il sistema.
Anche al M5S si perdonava l’incertezza del programma e la scarsa esperienza, confidando nell’entusiasmo e nel coraggio dei neofiti, decisi a scardinare il vergognoso sistema politico ed economico dell’Italia.
Cos’è successo alle amministrative?
La politica, romana e locale, ha semplicemente mostrato la sua totale inconcludenza.
Che utilità c’è a votare amministratori locali che, nella migliore delle ipotesi, amministrano solo rotonde e tombini perché l’accentramento statale si accolla ormai ogni decisione e, con la crisi al culmine, neppure i comuni più virtuosi (cioè meno corrotti) hanno la minima autonomia di spesa?
E perché affidarsi al PDL, non perché Berlusconi non ci ha messo la faccia, ma perché – se tutto il potere e i soldi sono a Roma – cosa possono fare, senza il leader al potere a Roma, degli sprovveduti amministratori locali?
La Lega, malgrado avesse ripudiato i propositi iniziali, per molto tempo era riuscita a fermare l’emorragia di militanti e simpatizzanti, sostituendoli con clientele interessate.
Oggi, nel crollo economico delle regioni padane e fuori dal governo, non sarebbe stata più in grado nemmeno di elargire favori agli amici o alle lobby di riferimento.
Aveva ancora un senso votarla?
Una situazione per certi versi analoga alla Lega spiega l’insuccesso di Grillo: aveva raccolto molti voti al nord, come in Emilia e Romagma, nella speranza di una vera rivoluzione pacifica e democratica, e al sud, come in Sicilia, dove erano certi che sarebbe andato al governo e avrebbe favorito i suoi elettori.
Il M5S si era invece dimostrato irrilevante dove il potere contava ancora qualcosa, a Roma.
Tanto valeva favorire col voto chi al potere c’era.
Nelle macerie di una classe politica indegna, anche il PD ha perso voti, ma, come alle politiche, ha conquistato seggi: perché stupirsi per esempio dei voti PD a Siena, travolto dagli scandali del MPS?
Il Monte è tutto per Siena: distribuisce soldi, posti, lavoro, potere.
I Senesi hanno tutto l’interesse a difenderlo e possiamo biasimarli se votano il partito padrone della banca?
Il comportamento degli elettori è sempre coerente, anche nelle svolte più vistose: curiosamente l’unica scintilla di analisi giusta l’ha avuta Beppe Grillo, a caldo, all’indomani delle elezioni, quando ha ammesso che: “Il risultato delle elezioni comunali non e’ stato frutto di cittadini disinformati. Al contrario, il voto, in quanto comunale, vicino alla realtà quotidiana, e’ stato dato in piena coscienza”.
E ha aggiunto che “esistono due Italie,
la prima, che chiameremo Italia A, e’ composta da chi vive di politica, 500.000 persone, da chi ha la sicurezza di uno stipendio pubblico, 4 milioni di persone, dai pensionati, 19 milioni di persone (da cui vanno dedotte le pensioni minime che sono una vergogna).
La seconda, Italia B, di lavoratori autonomi, cassintegrati, precari, piccole e media imprese, studenti.
La prima è interessata giustamente allo status quo.
Si vota per se’ stessi e poi per il paese.
Nella nostra bandiera c’e’ scritto “Teniamo famiglia”.
In questi mesi non ho sentito casi di funzionari pubblici, pluripensionati o dirigenti di partecipate che si siano suicidati.
Invece, giornalmente, sfrattati, imprenditori falliti, disoccupati si danno fuoco, si buttano dalla finestra o si impiccano.
Queste due Italie sono legate tra loro come gemelli siamesi, come la sabbia di una clessidra.
L’Italia A non può vivere senza il contributo fiscale dell’Italia B, ma quest’ultima sta morendo, ogni minuto un’impresa ci lascia per sempre”.
Grillo non ha aggiunto che l’Italia B e l’Italia A hanno una precisa collocazione geografica, ma forse è bene che l’Italia B ne prenda atto e respinga la bizzarra idea dei “fratelli siamesi”.
da L'Indipendenza
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