L'unico che avrebbe potuto commentare il gesto dei poliziotti di ieri, sarebbe stato Pier Paolo Pasolini. Probabilmente si potrebbero anche citarne testualmente le parole, ma sarebbe un esercizio inutile visto che del pensiero del “profeta” Pier Paolo, a proposito e a sproposito, se ne sono appropriati praticamente tutti. Arriva un momento nella vita di una nazione in cui alcune priorità diventano patrimonio comune, le necessità esigenze condivise, il senso di impotenza travolgente. Da una parte il movimento più radicale nato in questi anni: i “forconi”. Che col tempo sia diventato poi il crocevia di idealità basate sulla rabbia e il luogo di incontro di anarchici insurrezionalisti, casapoundini e agit prop del caos non è che la conseguenza delle mancate risposte. Dall'altra i tutori dell'ordine pubblico che, a seconda del governo del momento, usano più o meno a sproposito i manganelli ed eseguono gli ordini schizofrenici di capi infoiati da un'idea dell'”ordine” che viene da molto lontano e non ne vuol sapere di abdicare. Ieri, a un certo momento, è accaduto un fatto destinato a restare nella storia di questo paese. Prima i poliziotti, poi gli agenti della Guardia di Finanza si sono tolti i caschi che rappresentano gli oggetti più visibili della divisa antisommossa. Il casco non è solo uno strumento di protezione ma un vero e proprio simbolo. L'esserselo tolto significa solo una cosa, che gli agenti avevano deciso di abbassare le armi e di schierarsi con chi stava protestando, dichiarando visivamente di condividerne le ragioni. Dalla questura di Torino si sono affrettati a far sapere che non si trattava di un gesto di ribellione degli agenti ma che “erano venute meno le esigenze operative che ne avevano imposto l'utilizzo”. La smentita del Siulp non si è fatta attendere. Ha detto infatti Felice Romano, segretario generale del sindacato: “Il nostro è stato un segno di manifesta solidarietà e totale condivisione delle ragioni a base della protesta odierna contro i palazzi, gli apparati, e la stessa politica ormai lontani dai problemi reali dei cittadini". Dall'altra parte, c'erano agricoltori e allevatori che si sono sentiti abbandonati dalle istituzioni. La protesta ha unito anche venditori ambulanti, camionisti, precari, studenti, disoccupati, immigrati e persino ultras delle curve calcistiche ed estremisti di destra, rappresentanti di un mondo del lavoro esasperato, e quelli delle solite teste di cazzo degli ultras di destra che colgono al volo ogni occasione nella quale si profila un menare le mani che è parte integrante della loro cultura. E Silvio parla di “colpi di stato” ai suoi danni. Colpi di sole, Silvio, i tuoi sono solo colpi di sole.
Magazine Politica
L'Italia dei forconi e i poliziotti buoni
Creato il 10 dicembre 2013 da Massimoconsorti @massimoconsorti
L'unico che avrebbe potuto commentare il gesto dei poliziotti di ieri, sarebbe stato Pier Paolo Pasolini. Probabilmente si potrebbero anche citarne testualmente le parole, ma sarebbe un esercizio inutile visto che del pensiero del “profeta” Pier Paolo, a proposito e a sproposito, se ne sono appropriati praticamente tutti. Arriva un momento nella vita di una nazione in cui alcune priorità diventano patrimonio comune, le necessità esigenze condivise, il senso di impotenza travolgente. Da una parte il movimento più radicale nato in questi anni: i “forconi”. Che col tempo sia diventato poi il crocevia di idealità basate sulla rabbia e il luogo di incontro di anarchici insurrezionalisti, casapoundini e agit prop del caos non è che la conseguenza delle mancate risposte. Dall'altra i tutori dell'ordine pubblico che, a seconda del governo del momento, usano più o meno a sproposito i manganelli ed eseguono gli ordini schizofrenici di capi infoiati da un'idea dell'”ordine” che viene da molto lontano e non ne vuol sapere di abdicare. Ieri, a un certo momento, è accaduto un fatto destinato a restare nella storia di questo paese. Prima i poliziotti, poi gli agenti della Guardia di Finanza si sono tolti i caschi che rappresentano gli oggetti più visibili della divisa antisommossa. Il casco non è solo uno strumento di protezione ma un vero e proprio simbolo. L'esserselo tolto significa solo una cosa, che gli agenti avevano deciso di abbassare le armi e di schierarsi con chi stava protestando, dichiarando visivamente di condividerne le ragioni. Dalla questura di Torino si sono affrettati a far sapere che non si trattava di un gesto di ribellione degli agenti ma che “erano venute meno le esigenze operative che ne avevano imposto l'utilizzo”. La smentita del Siulp non si è fatta attendere. Ha detto infatti Felice Romano, segretario generale del sindacato: “Il nostro è stato un segno di manifesta solidarietà e totale condivisione delle ragioni a base della protesta odierna contro i palazzi, gli apparati, e la stessa politica ormai lontani dai problemi reali dei cittadini". Dall'altra parte, c'erano agricoltori e allevatori che si sono sentiti abbandonati dalle istituzioni. La protesta ha unito anche venditori ambulanti, camionisti, precari, studenti, disoccupati, immigrati e persino ultras delle curve calcistiche ed estremisti di destra, rappresentanti di un mondo del lavoro esasperato, e quelli delle solite teste di cazzo degli ultras di destra che colgono al volo ogni occasione nella quale si profila un menare le mani che è parte integrante della loro cultura. E Silvio parla di “colpi di stato” ai suoi danni. Colpi di sole, Silvio, i tuoi sono solo colpi di sole.
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