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L’Italia è “Europa”?

Creato il 23 febbraio 2011 da Fugadeitalenti

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Un’economia sclerotica, una società civile rovinata dalla corruzione e dal crimine organizzato, un crescente scontro generazionale. Una società controllata da una classe dirigente gerontocratica, annidatasi nei settori della politica e degli affari, escludendo i giovani. I migliori elementi di questa società, proprio i giovani, vagano per l’Europa come emigranti“. Questa è l’Italia, così come la dipinge il Financial Times (vedi “post” in lingua originale, pubblicato domenica su questo blog).

E’ un quadro esagerato? Personalmente penso di no. E’ il momento di guardare in faccia la realtà, e rendersi conto di una situazione -per molti versi- insostenibile. Il degrado etico ha raggiunto livelli di guardia, con scandali che scoppiano ormai ogni giorno (Parentopoli a Roma, Affittopoli a Milano), per non parlare delle vicende giudiziarie che riguardano il premier. Le quali, a loro volta, portano alla luce un sottobosco di selezione della classe dirigente da voltastomaco. La sensazione è che -come venti anni fa- siamo alla vigilia di forti cambiamenti: speriamo che quantomeno disegnino il volto di un’Italia giovane e meritocratica, con un rinnovamento -questa volta- profondo e reale della classe dirigente.

Segnala Blue M, lettore di questo blog, la toccante lettera di un padre al quotidiano “Il Messaggero”:

“Non so perchè scrivo, ma è tanta l’amarezza come cittadino italiano e come padre che non posso farne a meno. In questi giorni mia figlia sta prendendo la decisone di andare all’estero. Fin qui nulla di strano, ma se la persona oltre ad essere tua figlia, è una laureata con i massimi dei voti in statistica demografica, specializzata in statistica delle malattie rare, master presso l’universita demografica tedesca Max Planck di Rostock, stage di approfondimento specialistico e di lingua inglese presso l’università di Reading di Londra, numerose pubblicazioni tra cui una a livelllo internazionale, e altre cose che neanche più ricordo, come posso rimanere indifferente all’unica colpa che posso ascrivere a mia figlia, che è quella di diventare una ricercatrice?

Ricercatrice in un paese come l’Italia, che non offre nessuna possibilità e opportunità di lavoro per simili talenti. Depauperare risorse umane così importanti per lo sviluppo del nostro paese ed esportarle all’estero sono un vero suicidio. Quando la scelta di andare all’estero è dettata solo da mancanza di opportunità e di prospettive che altri paesi sanno offrire a queste persone, dopo che tanto si è speso per la loro formazione in termini personali e pubblici, non posso che prenderne atto e dichiarare tutto il mio (papà) e un nostro (cittadino italiano) fallimento completo”.

L’Italia al momento ha fallito: è un Paese che continua a vantare straordinarie risorse, dove vivono e lavorano talenti eccezionali, dalla creatività superiore. Ma il sistema-Paese, in quanto tale, ha fallito. “Dappertutto vedo servi felici: uomini e donne che vivono contenti dei loro privilegi, ottenuti servendo i potenti che comandano il Paese. Sono servi, perché hanno barattato la libertà in cambio di privilegi, e sono felici perché non si rendono conto di ciò che hanno sacrificato“: così scrive Elio Rossi, nom de plume dell’autore del libro “I professionisti del potere”, appena uscito. Non conoscevo fino a pochi giorni fa né libro, né autore, ma mi sembra che Rossi centri perfettamente il problema.

Il recente rapporto di Manageritalia getta altre ombre sul futuro del Paese: la popolazione sta invecchiando, nei prossimi dieci anni gli italiani con un’età compresa tra i 20 e i 39 anni saranno numericamente superati per la prima volta da coloro che si trovano nella fascia 50-69 anni. Il tasso di disoccupazione dei giovani laureati è superiore rispetto alla media europea, e supera di tre volte quello Usa. Mentre non attiriamo “cervelli” e “talenti” stranieri, per compensare quantomeno la perdita di coloro che scelgono la via dell’espatrio. La classe dirigente italiana intanto prende la via della pensione: la media anagrafica è di 47,7 anni, contro una media Ue a 44,7 anni. Il titolo di studio e il livello del salario dei figli è in diretta relazione con quello dei padri. Mentre la spesa per la protezione sociale se ne va per la maggior parte in pensioni, e molto meno nel sostegno ai redditi da disoccupazione. Last but not least, anche la quota del Pil destinata all’istruzione resta inferiore rispetto alla media Ocse.

Per Social Watch, “la crisi economica ha portato nel 2009 a una forte diminuzione dei posti di lavoro per i più giovani. Il numero di giovani occupati è sceso di circa 300mila unità, cifra che rappresenta il 79% del calo complessivo dell’occupazione“. Esplode anche il numero di “Neet”, giovani che non lavorano e non frequentano alcun corso di studi.

Se l’Italia non si sveglia, non affronta riforme economiche e sociali radicali, rischia di scomparire“: è davvero tranchant il giudizio di Daniel Gros, autorevole economista, nonché Direttore del Centre for European Policy Studies di Bruxelles. “I problemi dell’Italia sono gli stessi di dieci anni fa. [...] Il Paese non investe a sufficienza nelle risorse umane. Chi non prepara al meglio le nuove generazioni non può far altro che retrocedere, perché è da una generazione altamente qualificata che parte la spinta innovativa di un Paese“. Conclude Gros, in modo illuminante: “Sfatiamo il mito che in Italia si sfornano troppi laureati senza futuro. Non è così: i “cervelli” servono e serviranno sempre di più alle aziende, per diventare più competitive e andare sui mercati, soprattutto quelli emergenti. E in fatto di qualità delle risorse umane, oggi l’Italia è il fanalino di coda in Europa“.

Gli indicatori economici non sembrano -neppure loro- darci ragione: siamo la “Cenerentola” dei Paesi del G7, in termini di crescita. Nell’ultimo trimestre 2010 il Pil si è attestato su un invisibile +0,1%, rispetto al trimestre precedente. Nel quarto trimestre 2010 la crescita dei Paesi dell’area Ocse ha fatto segnare un +2,7%, rispetto allo stesso periodo del 2009, mentre l’Italia si assestava su un magro +1,4%. Lontanissima la Germania: +4%!

L’Europa aspetta ora il piano italiano di riforme per sostenere la crescita. Finché questo Paese non comprenderà però che giovani, innovazione e liberalizzazioni (quelle vere) sono il mix ideale per rilanciare il futuro, potrà sempre meno considerarsi come “Europa”. La deriva verso il sud del Mediterraneo appare anzi sempre più evidente… Se arriva a sostenerlo persino il “Financial Times”!

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