A pochi giorni dal discorso sulla laicità del cardinale Angelo Scola, lo Stato italiano diventa un po’ più laico. Dopo aver firmato e trasferito in legge dello Stato l’intesa con mormoni, ortodossi ed apostolici, la Commissione affari costituzionali del Senato ha siglato, dopo un iter di cinque anni, anche l’intesa con l’Unione buddhista italiana e quella con l’Unione induista italiana: le prime religioni riconosciute che non provengono dal ceppo giudaico-cristiano. Anche per approvare le intese con queste confessioni non è stato necessario, così come avvenuto in precedenza, il passaggio in aula ma sono state approvate direttamente in Commissione.
Il Parlamento italiano fa un passo in più nell’applicare l’articolo 8 della Costituzione secondo cui «Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge».
Gli induisti ed i buddisti potranno aprire scuole religiose, scegliere procedure particolari per la sepoltura, avere aree riservate nei cimiteri, vedranno riconosciuti i loro ministri di culto assieme alle loro festività religiose. Inoltre saranno considerati validi i matrimoni celebrati con rito buddhista o induista a patto che l’atto sia poi trascritto nei registri dello stato civile. Queste intese sono molto importanti anche per l’integrazione degli immigrati che professano questi culti che sono presi ufficialmente in considerazione dallo Stato.
Inoltre al pari delle altre confessioni (Chiesa cattolica, Valdesi, Avventisti del settimo giorno, Pentecostali, Ebrei, Luterani, Ortodossi ed Apostolici) potranno accedere ai fondi per l’8 per mille. I buddhisti italiani sono circa 100mila mentre gli induisti sarebbero 135mila: ovviamente potranno firmare in favore di queste religioni anche persone che appartengono ad altri culti.
La possibilità anche da parte degli ortodossi e degli apostolici di accedere all’8 per mille ha effetti anche per la Chiesa cattolica perché d’ora in poi – accedendo all’8 per mille anche gli induisti e i buddisti – inevitabilmente diminuiranno (seppur di poco) i fondi assegnati alla Chiesa cattolica.
In base alla legge istitutiva dell’8 per mille (legge 222/1985, art. 47) – firmando o meno per una confessione – si partecipa più o meno ad un referendum. Infatti lo Stato, conta le scelte, calcola le percentuali ottenute da ogni soggetto e – successivamente – ripartisce i fondi in base alle percentuali calcolate. Come se non bastasse, la mancata formulazione di un’opzione non viene presa in considerazione: l’intero gettito viene ripartito in base alle sole scelte espresse.
Attualmente lo Stato non ha ha ancora firmato l’intesa con importanti realtà come i Musulmani (che sarebbero circa 1,2 milioni pari al 2 per cento della popolazione) ed i Testimoni di Geova che conterebbero circa 243mila aderenti. Ovviamente se anche queste confessioni potessero accedere alla ripartizione dei fondi dell’8 per mille, i fondi a disposizione della Chiesa cattolica diminuirebbero ulteriormente.
Inoltre in una Italia che è sempre più secolarizzata bisogna considerare che la seconda “confessione” presente nel nostro Paese è quella degli atei/agnostici che sarebbero – secondo il Rapporto Eurispes 2010 – addirittura il 18,5 per cento della popolazione italiana. L’Uaar (Unione Atei Agnostici Razionali) aveva chiesto nel 1995 alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di addivenire a stipulare un’Intesa sulla falsariga di quelle sottoscritte con altre confessioni: tra ricorsi straordinari al Capo dello Stato, pareri negativi da parte dei vari Governi e ricorsi al Tar ed al Consiglio di Stato la questione resta ancora aperta.
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