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L’italica agonia

Creato il 05 agosto 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti

L’italica agonia. Il sistema-scempiaggine e la teoria della carogna. Iena Silvio è in agguatoLa benemerita opera di deprezzamento dello yen di Yoshihico Noda è durata ben 120 minuti. Poi i mercati hanno deciso che il governo Berlusconi è come la gramigna, da estirpare immediatamente prima che comprometta il raccolto. L’unica trovata di ingegno dei “cervelli” del dux è stata quella di posticipare il discorso alto e forte alla Nazione alle 17 e 30, a borse chiuse, altrimenti avremmo assistito alla replica di Caporetto che, considerato il delirio di onnipotenza di Silvio, forse sarebbe stata una napoleonica Waterloo. Ma a parte il “caro Silvio” di Di Pietro, che onestamente è diventato un politico dalla scarsa comprensione comportamentale che rischia la schizofrenia, del passaggio di Berlusconi alle Camere restano due possibili considerazioni. La prima è che siamo di fronte a un personaggio che non sa cosa sia la politica. Lui, abituato a trattare tutti come un cummenda milanese attaccato al dané peggio di un ragno sfigato alla carta moschicida, pensa sempre di poter risolvere i problemi con un sorriso e una pacca sulle spalle. Fino a quando è durato l’innamoramento collettivo degli italiani nei suoi confronti il giochetto gli è stato possibile, oggi che lo stesso innamoramento si sta trasformando in indifferenza tendente all’odio, non basta più promettere che “faremo”, “saremo”, “implementeremo”, “sbloccheremo” perché, semplicemente, è sbagliata la coniugazione dei verbi. Del futuro agli italiani interessa poco, è indispensabile parlare al presente. Di politica Silvio non capisce una mazza perché non può pretendere che in questo momento le opposizioni gli diano una mano (oddio, tutto è possibile), dopo che per l’ennesima volta, a colpi di maggioranza, ha portato a casa un’altra ad personam, perché gli elettori non lo capirebbero più e diventerebbe incolmabile il distacco che è già in atto fra la politica e la gente. La seconda considerazione è che di economia Silvio capisce ancora meno che di politica. Fosse per lui lavorerebbe solo con il saldo di cassa, senza tenere in considerazione il pregresso, gli ammortamenti, le tasse (che evade alla grande), i contributi previdenziali, le spese accessorie e quelle strutturali. Molto più di indole partenopea che meneghina, Silvio, che se lo può permettere di suo, vorrebbe vivere giorno dopo giorno alla grande, immerso nei suoi vizietti e con l’abbonamento annuale al negozio di bigiotteria vicino a Palazzo Grazioli. Se di economia capisse qualcosa non avrebbe fissato il suo primo intervento alla Camera alle 15 e 30, quando le borse non aspettavano altro che di impalarlo ufficialmente, facendosi poi convincere che forse era il caso di tardare un paio d’ore, tanto l’appuntamento con Nicole non sarebbe saltato. A lui delle borse non frega una mazza perché, come ha detto Angelino Alfano nella veste di segretario personale in livrea, “la politica non la fanno i mercati”, però che i mercati ti possono mandare affanculo in qualsiasi momento lo ha colpevolmente taciuto. Silvio non capisce una mazza di economia perché anche uno che la pratica a livello dilettantistico, da piccolo risparmiatore, non comprerebbe mai un’azione di Mediaset pena l’impoverimento nel giro di qualche mese. Però, nonostante tutto, lo spottone pubblicitario per le sue aziende ha trovato lo stesso il modo di farlo a reti unificate, proprio come un qualsiasi venditore di saponette profumate al gelsomino. Silvio non capisce una mazza di economia perché se ne capisse qualcosa non avrebbe scelto Giulio Tremonti come ministro, anzi, superministro, affidandogli il compito di gestire il “debito” . Avrebbe dovuto scegliere un personaggio che avesse saputo “investire” sul debito e non accontentarsi di tenerlo sotto controllo perché se questa era la mission, qualsiasi saggio amministratore di condominio avrebbe saputo fare meglio di Giulio. A fronte di un presidente del consiglio non propriamente ferrato in politica e in economia, all’Italia doveva capitare anche una opposizione che si picca di capire tutto ma non fa nulla per dimostrarlo anzi, inciucia, come se il tempo si fosse fermato alla D’Alema-Cossiga-Mastella, pagina nerissima della nostra storia repubblicana. Il nervosismo palpabile di Bersani a Montecitorio è frutto di questo peccato originale che il Pd si porta appresso, e se è indubbiamente vero che nessuna credibilità è più praticabile nei confronti di Silvio e dei berluscones, di altrettanta crisi di credibilità soffre un centro-sinistra che per vent’anni ha subito il declino di questa nazione accontentandosi delle briciole e delle rendite di posizione. Siamo arrivati al punto in cui non ci possiamo più permettere di considerare “ornamentale” nessuna delle figure politiche che stanno accompagnando il funerale dell’Italia, perché ci sono venuti a noia i vasi cinesi dell’epoca Ming taroccati da un mastro vasaio napoletano qualsiasi. La colpa di tutto ciò, secondo il leghista Reguzzoni, è degli immigrati che ci costano 1200 euro al mese e non del Trota che costa al contribuente 800mila euro in cinque anni per non fare un cazzo. Ma lui è figlio di Umberto Bossi, l’immigrato solo di una puttana e per giunta nera.


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