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L'Iva cresce di un punto percentuale. Riflettiamoci su

Creato il 08 settembre 2011 da Bagaidecomm @BagaideComm
L'Iva cresce di un punto percentuale. Riflettiamoci suPalazzo Madama ha da poche ore licenziato il testo della nuova manovra correttiva. Ora, l'ultima parola tocca alla Camera dei Deputati. Un sì e le indiscrezioni saranno legge. Compreso il controverso aumento dell'Aliquota Iva Controverso perché introdotto in "Zona Cesarini" e perché, fatto ancor più eclatante, segna la rinuncia dell'esecutivo alla "Linea Tremonti". La riforma delle aliquote Iva sarà parte della manovra correttiva e non, come raccomandato dal ministro dell'Economia, di una più organica e successiva riforma dell'ordinamento tributario. L'aliquota ordinaria Iva, di conseguenza, cresce, con effetto immediato, di un punto percentuale, salendo dal 20 al 21%. La manovra non riguarderà  i beni di largo consumo (es. alimenti e prestazioni socio-sanitarie) ed altri beni (es. servizi di trasporto, spettacoli, servizi alberghieri e legna da ardere) dove continua a trovare applicazione un regime fiscale ad aliquota ridotta, rispettivamente del 4 e del 10%. Un quadro complessivo che caratterizza la manovra rispetto ai più recenti interventi sulle aliquote Iva e che, almeno sulla carta, dovrebbe scongiurare il rischio di un effetto regressivo, senz'altro più concreto se la finanziaria avesse rivisto al rialzo il trattamento fiscale anche dei beni di prima necessità. La vera incognita rimane l'inflazione, cioè se all'aumento dell'aliquota ordinaria Iva seguirà una riduzione del potere d'acquisto. L'Iva è un'imposta sui consumi ed è strutturata perchè l'onere fiscale gravi sul consumatore finale.  E' naturale pansare, dunque, che in un contesto economico sano e robusto,  l'Iva si carichi sul prezzo  finale del prodotto, oggi già appesantito dall'aumento del costo delle materie prime. L'incidenza dell'imposta sui prezzi spiega il rapporto tra l'Iva ed il potere d'acquisto, delineando, in condizioni economiche normali, la sua fisiologica natura inflazionistica. Ciò nonostante, in considerazione della particolare contingenza economica attuale, la traslazione dell'aumento sui prezzi finali non è affatto scontata.  In ragione del rialzo limitato dell'aliquota, cresciuta di un solo punto percentuale, e di un contesto già caratterizzato da una domanda debole, non è da escludersi che il nuovo carico fiscale, più che sui prezzi, gravi sui margini di guadagno del rivenditore. O, ancor meglio, suggerisca l'individuazione  di risparmi ed economie lungo la filiera produzione-distribuzione. Nel 1997, anno dell'ultima modifica all'aliquota Iva, non si registrarono effetti inflazionistici, a dimostrazione che l'aumento dei prezzi è possibile, forse anche probabile, ma non garantito ai limiti della certezza. L'esperienza stessa, come accertato, è contraddittoria e non offre spunti attendibili per la previsione dei reali effetti della riforma sui prezzi. Quello che è certo, è che l'Italia, con la sua nuova aliquota, rimane in media con le imposizioni fiscali sui consumi degli altri paesi europei. Anzi, ad onor del vero, anni fa l'Unione europea elaborò uno studio per "pesare" i diversi sistemi di tassazione dei consumi., valutando la c.d. "Aliquota implicita", data dalla media ponderata delle singole aliquote adottate in ciascun sistema fiscale nazionale. E l'Italia, sorprendentemente,  vanterebbe, ancora oggi, un "aliquota implicita" del 15%, ben al di sotto della media europea (15,9%). Un dato confortante ma parziale, considerando che l'Italia deve fare comunque i conti con una pressione fiscale complessiva tra le più alte d'Europa. Luca Parravicini

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