Può un dipendente pubblico rifiutarsi di compiere una prestazione, prevista dalla legge italiana, perché la sua coscienza glielo impedisce ?
Secondo me NO.
Proprio in questi giorni è tornato alla ribalta un tema per me molto importante, come quello dell’interruzione volontaria di gravidanza (“aborto”) e l’impossibilità di trovare nelle strutture sanitarie pubbliche operatori disponibili perché sono tutti -o quasi- “obiettori”.
Anche il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa ha dichiarato che “A causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza, l’Italia viola i diritti delle donne che, alle condizioni prescritte dalla legge 194 del 1978, intendono interrompere la gravidanza”.
Ha fatto scalpore la testimonianza di Valentina, giovane ragazza romana ”abbandonata in bagno ad abortire” che racconta:
“Io sognavo un figlio, un bambino che avesse qualche possibilità di una vita normale. Invece mi sono ritrovata ad abortire al quinto mese sola come un cane. Abbandonata in un bagno a partorire il feto morto, con il solo aiuto di mio marito Fabrizio. E tutto questo per colpa di una legge sulla fecondazione ingiusta, di medici obiettori, di uno Stato che non garantisce assistenza”
[...]
“Venivano per le flebo, ma nessuno li ha visti arrivare quando chiamavo aiuto. Nessuno ci ha assistito nel momento peggiore. Forse perché da quando sono entrata a quando ho partorito era cambiato il turno, c’erano solo medici obiettori”.
(Fonte: Repubblica.it)
Mappa degli obiettori di coscienza in Italia (Fonte: Internazionale)
Non entro nella questione etica, limitandomi esclusivamente alle responsabilità ed obblighi del dipendente pubblico, come sono i medici, gli anestetisti, gli intermieri ed anche i ginecologi.
Mi domando, ad esempio, come sia possibile che in Italia si arrivi ad avere strutture pubbliche con oltre il 90% di obiettori di coscienza, rendendo praticamente IMPOSSIBILE avere il DIRITTO di interrompere la gravidanza, come garantito dalla Legge Italiana n. 194 che, all’Art 1, recita:
Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.
Ma è all’art. 9 che si palesa l’assurdità, la vergogna:
Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dello ospedale o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dall’entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento della abilitazione o dall’assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l’esecuzione di tali prestazioni.
Eppure nel 1981 oltre 27 milioni di italiani decisero, esprimendosi attraverso referendum, che l’IGV era un diritto delle donne, fino ad allora costrette a ricorrere illegalmente a pratiche abortive pericolose per la loro vita.
Ma la presenza del Vaticano nel nostro Paese, pesantemente coadiuvato da un’ampia fetta della Politica (troppo spaventata dalla “scomunica” ?), è sempre presente, anche oltre la volontà popolare, garantendo ai dipendenti pubblici degli ospedali di essere “obiettori” e, pertanto, non sentirsi obbligati ad effettuare una prestazione sanitaria prevista dalla Legge Italiana: ricorda la scomunica ed il conseguente svincolo dei debitori di medievale memoria…
Fino a quando dovremmo tollerare questa situazione ? E perché il rifiuto di garantire una prestazione sanitaria è garantito “per Legge” ?