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L’odio “formativo” di Mathieu Kassovitz

Creato il 02 marzo 2015 da Postscriptum

M i sono sempre chiesto cosa faccia diventare un semplice film un fenomeno cult. Potrebbe essere per la bravura del regista di trasmettere un messaggio nel modo giusto oppure l'insieme di colonna sonora, fotografia e scenografia, o ancora il cast, gli attori che caratterizzano perfettamente i personaggi della storia e li rendono immortali. Di fatto, ho concluso che sicuramente è tutto questo che crea il mito ma non solo: c'è un momento giusto per vedere il film giusto e se riesci a centrare proprio quel momento hai trovato il tuo film cult.
Ma poi, cos'altro è la vita se non il più lungo film cult a cui assistiamo? E allora ecco la soluzione perfetta dell'enigma: un film diventa un cult quando riesce a cogliere tutte le sfumature della vita e ce le propone con schiettezza e crudele sincerità, con tutte le loro aberrazioni e incomprensibilità.
Certo, questo restringe tantissimo il campo della ricerca di un film cult ma, nessuno ha mai detto che ci sia un numero definito di tali film e nemmeno che sia facile trovarli.

L’odio “formativo” di Mathieu Kassovitz

Quindi ti capita di lasciarti sfuggire qualche titolo per pigrizia, per distrazione, per supponenza oppure semplicemente perchè quello non era il momento giusto. Poi ti capita di recuperare quel film e tutto va a posto.

Così è successo a me per L'odio di Mathieu Kassovitz, un film del 1995 in cui il regista fa delle ben precise scelte per quanto riguarda l'aspetto fotografico del suo lavoro e centra l'attenzione sui personaggi principali e su quello che la sua storia ha da dire. E la sua storia parla di violenza o meglio, di come ci si può formare in un ambiente dominato dalla violenza dove la violenza è causa e soluzione di tutti mali. E non c'è Breaking Bad o Romanzo Criminale che tenga perchè ne L'odio non si sente per niente l'odore patinato del prodotto creato appositamente ma si respira il puzzo della vita che spesso può diventare veramente insopportabile.

Siamo nei banlieu di Parigi, quartieri degradati in cui i ragazzi passano il tempo commettendo qualsiasi tipo di crimine comportandosi come delinquenti in maniera talmente forzata da sembrare la caricatura di se stessi.

Vinz (Vincent Cassel) è un ragazzo ebreo che per qualche motivo tutto suo odia i poliziotti talmente tanto che se potesse si infilerebbe in una stazione di polizia armato di pistola per fare una strage.

Said (Said Taghmaoui) è un ragazzo di origini maghrebine che fa il ruolo della macchietta del gruppo. Sempre pronto a dire una stupidaggine per fare lo spaccone, rappresenta quell'amico un po scemo ma potenzialmente pericoloso che più o meno è in tutte le comitive di amici.

Hubert (Hubert Koundè) è invece l'anima pensante del gruppo. E' il ragazzo con più responsabilità e che cerca sempre di tenere a bada le esuberanze degli altri due che, se lasciati da soli, si caccerebbero nei guai in pochi minuti.

I nostri tre eroi vagano in giro per i quartieri meno chic della capitale francese all'apparenza senza meta ma la missione sarebbe andare a trovare l'amico Abdel, ricoverato in ospedale in seguito a uno scontro violento con la polizia.

L’odio “formativo” di Mathieu Kassovitz

L'intento di Kassovitz è quello di raccontare e contemporaneamente interpretare un periodo nero nella storia di Parigi in cui gli scontri tra bande di ragazzi appena maggiorenni e poliziotti erano all'ordine del giorno e sfociavano spesso in episodi di violenza sommaria dall'uno e dall'altro chieramento. In alcuni casi ci scappava anche il morto e in questi casi la già difficile situazione veniva esacerbata dai media e dall'opinione pubblica.

Per quelli come noi che sono cresciuti giocando a calcio giù in strada o scorrazzando in bici risulta particolarmente difficile comprendere quanto la realtà possa essere diversa da quella che conosciamo. Si può avere la fortuna di crescere in un quartiere relativamente tranquillo oppure la sfortuna di trovarsi in una realtà complicata e violenta che totalizza i comportamenti più sbagliati in un abisso in cui non è importante la caduta ma l'atterraggio. Come dice Hubert.

L’odio “formativo” di Mathieu Kassovitz

L'odio è un film che dovrebbero far vedere ai bambini a scuola, che dovremmo vedere tutti per capire quanto il mondo che noi consideriamo in pace sia in realtà in uno stato di guerra latente in cui capita di doversi confrontare con realtà aberranti a un'età in cui invece si dovrebbe pensare più alla propria ragazza o a prendere la patente.

Tags: l'odio, mathieu kassovitz, vincent cassel


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