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Ne L'odore del mondo si racconta di Leela Patel, metà kenyota e metà indiana, bella ragazza dallo spiccatissimo olfatto e dalla naturale propensione alla miscela dei sapori. Costretta a Parigi da difficoltà familiari, vive nella capitale francese reclusa a casa di zii, finché non è costretta ad andarsene. Viene aiutata dapprima da un'amica molto più benestante, poi vaga di casa in casa, da amore ad amore, con una sorprendente capacità di adattarsi a nuove situazioni e a modi d'essere differenti. Nel romanzo, dunque, emergono scorci di vite diverse, panorami impensabili, suggestioni cinematografiche di vario tipo (in più di un caso, mi è venuto da pensare a Rohmer), personaggi tratteggiati e poi lasciati da parte.
Quello che per la protagonista è una ricchezza, però, diventa per il lettore fonte di una leggera confusione e il curry di emozioni finisce con lo stancare e a perdere in credibilità. Una pallida scrittura femminile ammanta il romanzo di venature da romanzo rosa che in certi casi mi sono risultate indigeste o incomprensibili, slegate da una trama che, a conti fatti, si fatica a seguire senza perdersi nei mille rivoli di fantasie più audaci e indiscrete che intime e, per quando mi riguarda, nient'affatto interessanti. Proprio gli snodi della vicenda risultano macchinosi e poco fluidi, come se l'autrice non si fosse decisa a sviluppare proprio i momenti in cui la vicenda prende movimento. Anche i personaggi soffrono un po' in termini di definizione, come se, dopo averli immaginati, Radhika Jha non si fosse decisa a presentarceli davvero, ma ci avesse portato a una festa dov'erano presenti.
Mi sembra, anzi, che proprio questo sia il limite per cui L'odore del mondo perde collante sul lettore. La storia non è quella di una moderna ed esotica Cenerentola, e tuttavia ogni cosa intorno a Leela è incolore e perde interesse a vantaggio di questa misteriosa parabola umana e sociale: è la donna a detenere, attraverso gli odori, il possesso del mondo. È un peccato, perché nel romanzo di Radhika Jha ci sono diversi elementi insiti nella cultura indiana, a partire dal valore della tradizione e della memoria. Ma anche l'interessante dialogo con l'amante nel suo lussuosissimo atelier del gusto sembra monco, involuto, forse perché si ha l'impressione che sia innestato lì, frutto di altra ispirazione. Ecco, è questa l'idea che mi lascia spaesato: è come se Radhika Jha tradisse il suo lettore raccontando via via un'altra storia. Quello che per Leela è un romanzo di (de)formazione, per chi la incontra attraverso le parole e le pagine della sua autrice, insomma attraverso L'odore del mondo, è la progressiva e fastidiosa perdita di una qualche bussola.
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