La seconda puntata de L’Oriana, fiction rai sulla vita di Oriana Fallaci, che ha visto nei panni della giornalista e
scrittrice Vittoria Puccini, ha
avuto, nella seconda puntata, una media di ascolto di soli quattro milioni di
telespettatori. Una miseria in confronto a sceneggiati che avevano come
protagonista la stessa attrice fiorentina, e che hanno invece raccolto consensi
e share arrivando fino a sei milioni. Colpa, forse, dell’esordio di quel trucco
e parrucco decisamente sbagliati, che non sono riusciti a rendere abbastanza
credibile la vecchiaia di una donna ammalata di cancro di settantasette anni,
che ripercorre a ritroso tutta la sua vita, e che invece appariva in video
ancora troppo levigata e fresca, lasciando a degli occhialoni scuri il compito
di sopperire ai soli capelli ingrigiti dallo scorrere del tempo. La trama,
delle più banali, vede una Oriana Fallaci anziana, aiutata da una giovanissima
aspirante giornalista, riordinare le scartoffie e il materiale audio e video di
un’intera vita spesa nel giornalismo come inviata di guerra, impegnata in prima
linea a battersi per quegli stessi ideali in cui credeva e scriveva sulle
pagine de L’Europeo, intervistando
negli anni tanti personaggi famosi e politici, tra cui, la più nota, quella
dell’ayatollah Khomeini, per il quale dovette indossare uno Chador e alla fine
lo apostrofò come “tiranno”.
Una donna coraggiosa, tenace, a tratti severa
alla quale la fiction, diretta da Marco
Turco, non ha saputo rendere giustizia, e se ha da una parte il merito di aver
portato sul piccolo schermo un frammento della straordinaria vita della
scrittrice, dall’altro l’ha fatto senza seguire una reale narrazione, quasi a
raccontare fatti estemporanei e sconnessi tra loro, accomunati soltanto dalla
presenza della Fallaci. Raccontarla non era di certo facile, ma svilirla a
donna anaffettiva e amareggiata, che racconta senza troppa passione o
convinzione la sua vita ad una stagista che l’aiuta a catalogare il suo lavoro,
è apparsa come una forzatura sceneggiata poco credibile.
Ma se la prima puntata è stata lenta e
difficile da seguire, molto bella invece è stata la seconda, in cui il regista
ha tentato di dare letteralmente vita alle pagine dell’autrice: e così ecco le
parole della stessa Fallaci che parla a quel bambino che ha perso in Lettera a un bambino mai nato, che
descrive l’uomo che amava, il rivoluzionario e poeta greco Alekos Panagulis, in Un Uomo,
eccola, da vecchia, parlare e inveire con se stessa, rievocando Oriana Fallaci intervista sé stessa,
immaginando quell’ideale dialogo tra l’irruenza di una giovane impulsiva, e la
rabbia razionale di una donna alla soglia degli ottant’anni.
Vittoria Puccini ha dato
il suo volto, la sua grazia, la sua bellezza alla scrittrice, il suo
temperamento, restituendole a Oriana persino la sua voce, con quell’impostazione
di una timbrica un po’ rosa, eppure ciò non è bastato per sopperire agli anni
della Fallaci, per i quali, giocoforza, occorreva un’attrice più matura (o un
trucco decisamente migliore), una sceneggiatura debole, una trama a tratti
inesistente.
Magazine Gossip
L'Oriana, fiction stanca sulla vita straordinaria della Fallaci
Creato il 18 febbraio 2015 da Marianocervone @marianocervone
La seconda puntata de L’Oriana, fiction rai sulla vita di Oriana Fallaci, che ha visto nei panni della giornalista e
scrittrice Vittoria Puccini, ha
avuto, nella seconda puntata, una media di ascolto di soli quattro milioni di
telespettatori. Una miseria in confronto a sceneggiati che avevano come
protagonista la stessa attrice fiorentina, e che hanno invece raccolto consensi
e share arrivando fino a sei milioni. Colpa, forse, dell’esordio di quel trucco
e parrucco decisamente sbagliati, che non sono riusciti a rendere abbastanza
credibile la vecchiaia di una donna ammalata di cancro di settantasette anni,
che ripercorre a ritroso tutta la sua vita, e che invece appariva in video
ancora troppo levigata e fresca, lasciando a degli occhialoni scuri il compito
di sopperire ai soli capelli ingrigiti dallo scorrere del tempo. La trama,
delle più banali, vede una Oriana Fallaci anziana, aiutata da una giovanissima
aspirante giornalista, riordinare le scartoffie e il materiale audio e video di
un’intera vita spesa nel giornalismo come inviata di guerra, impegnata in prima
linea a battersi per quegli stessi ideali in cui credeva e scriveva sulle
pagine de L’Europeo, intervistando
negli anni tanti personaggi famosi e politici, tra cui, la più nota, quella
dell’ayatollah Khomeini, per il quale dovette indossare uno Chador e alla fine
lo apostrofò come “tiranno”.
Una donna coraggiosa, tenace, a tratti severa
alla quale la fiction, diretta da Marco
Turco, non ha saputo rendere giustizia, e se ha da una parte il merito di aver
portato sul piccolo schermo un frammento della straordinaria vita della
scrittrice, dall’altro l’ha fatto senza seguire una reale narrazione, quasi a
raccontare fatti estemporanei e sconnessi tra loro, accomunati soltanto dalla
presenza della Fallaci. Raccontarla non era di certo facile, ma svilirla a
donna anaffettiva e amareggiata, che racconta senza troppa passione o
convinzione la sua vita ad una stagista che l’aiuta a catalogare il suo lavoro,
è apparsa come una forzatura sceneggiata poco credibile.
Ma se la prima puntata è stata lenta e
difficile da seguire, molto bella invece è stata la seconda, in cui il regista
ha tentato di dare letteralmente vita alle pagine dell’autrice: e così ecco le
parole della stessa Fallaci che parla a quel bambino che ha perso in Lettera a un bambino mai nato, che
descrive l’uomo che amava, il rivoluzionario e poeta greco Alekos Panagulis, in Un Uomo,
eccola, da vecchia, parlare e inveire con se stessa, rievocando Oriana Fallaci intervista sé stessa,
immaginando quell’ideale dialogo tra l’irruenza di una giovane impulsiva, e la
rabbia razionale di una donna alla soglia degli ottant’anni.
Vittoria Puccini ha dato
il suo volto, la sua grazia, la sua bellezza alla scrittrice, il suo
temperamento, restituendole a Oriana persino la sua voce, con quell’impostazione
di una timbrica un po’ rosa, eppure ciò non è bastato per sopperire agli anni
della Fallaci, per i quali, giocoforza, occorreva un’attrice più matura (o un
trucco decisamente migliore), una sceneggiatura debole, una trama a tratti
inesistente.
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