Un uomo stretto in un impermeabile umido entra nel caffè. È sera tardi, fuori fa freddo, la pioggia bagna le strade da giorni. La città piange il suo ritorno. Ordina un bicchiere d’amaro, ha bisogno di scaldarsi, di scaldarsi dentro, in quel cuore frantumato trentatré anni prima.
«Ecco» gli dice la cameriera mentre lo serve. Lui la ringrazia con un cenno e nota che lei ha gli occhi dello stesso colore di sua figlia.
È stato costretto ad abbandonare sua moglie, in poche ore ha cambiato ruolo: da padre a brigatista. Ha mutato faccia, nome, passaporto. Non era più un marito fedele e un impiegato insofferente. Ha sfoggiato il suo francese. Durante il suo esilio ha cercato di dimenticare, finché dall’alto è calata la grazia. Sono trascorsi troppi anni da quando ha ripudiato la sua città ma ora è tornato. Sua moglie è morta, sua figlia non lo riconosce. Ma il sapore di quell’amaro, l’etichetta è rimasta uguale, è lo stesso che ricordava. Si lecca le labbra, poi ne ordina un secondo bicchiere.