Questa parola, quando ero giovane, era per me sinonimo di abbandono, di solitudine, di tristezza.
Oggi sono andato a trovare due ultraottantenni, amiche di mia madre.
Con tutta serenità mi hanno comunicato la loro intenzione di lasciare la casa dove convivono per recarsi in questa struttura di accoglienza a pagamento per anziani, dove saranno servite, riverite, accudite e. alla bisogna, anche curate ed assistite.
E’ un ambiente che io conosco abbastanza bene, perchè lì venne ricoverata una vecchia zia nubile e priva di adeguata compagnia.
Non si tratta certo di un ospizio dove i vecchi vengono sistemati in attesa dell’ora finale; tutt’altro; si tratta di un ambiente confortevole, pulito e gestito professionalmente da personale infermieristico e paramedico altamente specializzato.
La retta, poi, non è di poco conto.
Eppure provo ancora un senso di disagio quando penso a questi luoghi.
Forse è il mio animo romantico; o magari la simpatia e la tenerezza che provo per quelli in età avanzata.
Non so esattamente cosa sia, ma penso a quando i vecchi si spegnevano in casa dei figli trascorrendo le serate accanto al caminetto oppure fuori, al fresco serale, in compagnia dei vicini e dei passanti occasionali, con cui parlavano del tempo andato.
E una dolce malinconia m’assale.
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