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L’Ottobre Curdo

Creato il 21 maggio 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

La politica estera della Turchia nella lotta contro l’ISIS affonda le sue radici in una logica politica antica: il nemico di un mio nemico è un mio amico.

Essere amici di un terrorista naturalmente è impossibile, ecco perché le posizioni assunte a favore della popolazione curda dal Governo di Erdogan sono di natura contraddittoria. La verità a volte è scomoda da dire, a volte si è propensi ad accettare un male per un bene superiore. Una violenza quella dell’ISIS che i soldati turchi a poche centinaia di chilometri sono costretti a vedere senza poter far niente.
Gli eroi curdi oggi sono i partigiani polacchi di ieri,la loro storia fu però dimenticata in fretta dal freddo di una guerra tra Mosca e Washington.
Patrioti, che in quel 2 ottobre del 1944 a Varsavia decisero di rivoltarsi contro le forze militari naziste. L’Armata Rossa a una manciata di chilometri dalla capitale polacca, si fermò ad osservare il massacro degli insorti partigiani polacchi. Difficile immaginare cosa provassero i militari russi vedendo i tedeschi vincere una delle loro ultime battaglie.
La risposta a quella dubbiosa scelta di Stalin venne fuori pochi anni dopo, e la Polonia con i suoi martiri dimenticati, subì l’ennesima invasione straniera della sua storia.

Differenze e Similitudini

La situazione di Kobane riaffiora alla memoria i mefasti di Varsavia, tuttavia la situazione presenta delle importanti differenze.
La politica stalinista, voleva espandere il proprio dominio in Polonia, già dalla fine della Prima Grande Guerra. Analizzando i comportamenti delle elitè sovietiche è possibile riscontrare un interesse strategico per la Polonia. Il patto Molotov-Ribbentrop fu soltanto un pretesto per i sovietici per poter guadagnare del tempo al fine di organizzare il proprio sistema militare. La scelta di non intervento a Varsavia, che per i polacchi fu un inaspettato tradimento, risultò in realtà un gesto premeditato.
La politica estera di Erdogan rappresenta essere molto differente, rispetto a quella che adottò l’Unione Sovietica. In primo luogo il contesto storico è totalmente differente, oggi con complesso sistema internazionale, è difficile se non impossibile pensare che alla base di un non intervento turco vi sia l’interesse di un’espansione territoriale. Il vero motivo che spinge Erdogan a non intervenire a sostegno dei peshmerga di Kobane di rappresentanza interna. I curdi rispetto alla popolazione turca sono demograficamente in aumento, un possibile esodo di questa popolazione all’interno della Turchia rappresenterebbe un problema di integrazione per la stessa,incrementando la spesa pubblica che metterebbe in crisi l’intera struttura sociale e politica del paese. Il contesto storico se pur differente, offre agli storici lo stesso macabro scenario; giovani combattenti uccisi per la propria libertà. Partigiani uccisi due volte, da chi vuole dominarli e da chi ha forti interessi a non difenderli. Questi peshmerga curdi sono un tuffo nel passato, dove Kobane, la Varsavia del Medio Oriente, perde in quel gelido deserto di indifferenza ogni speranza di una possibile esistenza di diritti universali.
La politica estera di Erdogan è la chiara dimostrazione che la politica di alcuni paesi europei contro l’eventuale ingresso della Turchia, all’interno dell’Unione Europea non erano fondati semplicemente sulla preoccupazione di un eventuale squilibrio in termini numerici del Parlamento Europeo.
La situazione Curda e solo l’ultima delle testimonianze di una politica estera Turca, poco considerevole dei valori democratici, sui cui si fondano gli Stati Occidentali. La vicenda di Cipro Nord,ad esempio, attribuii alla Turchia molte responsabilità sulle quali, lo stesso Governo Turco decise di nascondersi, testimoniando la reale indipendenza dello Stato di Cipro Nord, nonostante non vi fosse un riconoscimento internazionale.
La politica estera di Kobane tuttavia è ancor più preoccupante, in quanto gli interlecutori coinvolti sono dei veri e propri terroristi.
La linea di confine tra Siria ed Iraq, dal punto di vista politico è ormai un lontano ricordo, mentre i giovani curdi, combattano senza tregua per mantenere la propria libertà, come fecero gli giovani turchi all’indomani della Prima Guerra Mondiale, nella penisola Anatolica.
Ma le guerre per gli ideali sono le guerre più difficile da vincere, perché costruiscono il loro successo sul convincere; e così il massacro di civili curdi, che si battono per la propria libertà, naufraga nel mare dell’indifferenza della politica estera di Erdogan.

Oggi quel grido di aiuto nel deserto da parte dei Curdi sembra evocare quel gelo polacco del 2 ottobre. Il male in quella occasione vinse sull’onore di chi morì per una libertà sempre anelata, ma in passato mai avuta. Il fiume dell’Oder Naisse, il fiume rosso, per eccellenza, visto ciò che ha significato nella storia, rimase quella volta a guardare, l’ultimo tragico atto di non belligeranza tra Unione Sovietica e Germania. Un patto di non belligeranza che oggi Erdogan sembra avere nei confronti dell’ISIS, e se pur con dinamiche totalmente diverse, la morte di migliaia di giovani per la propria libertà, rievoca delle similitudini.
“La storia si ripete” oggi per il popolo curdo, affermerebbe un realista delle Relazioni Internazionali; “mi auguro di no” risponderebbe senza dubbio un polacco

Tags:curdi,isis,resistenza

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