Fu sovversiva quando rinunciò alle sicurezze della famiglia benestante per condividere la vita con un garagista. Ugo divenne un tassista e Anna si ritrovò protagonista di una spensierata storia d’amore, tra un sorriso sornione e i bigliettini poetici che suo marito le lasciava appiccicati per tutta la casa. Anna fu antiborghese nel passaggio dalla Napoli in bianco e nero a quella a colori degli anni ’70: la figlia si ritirò con il pancione, Anna indossò i pantaloni e gridò sottovoce che, se nessuno si fosse assunto le proprie responsabilità, avrebbe allevato lei il bimbo. Ed è proprio questa autorevole presa di posizione, scippata alla mia memoria infantile, ad avermi legato a lei, anche se non gliel’ho detto mai.
Una volta mi svelò un trucco per risolvere delle maledette equivalenze, ma sapeva che io avevo tradito “i numeri” per “le parole”. Invece di perdere tempo appresso alla speculazione mediatica su delitti e cronaca nera,dovremmo ritrovare il tempo per raccontarci le belle storie della gente comune, che magari sostano negli occhi della vicina di pianerottolo o nel passo lento degli anziani al parco. Quella di Anna è una delle tante storie che possono rendere visibile la vera sostanza della vita.
Pure con l’ultimo mozzicone, a dispetto dei medici che glielo proibivano, Anna è stata antiborghese: dopo l’ennesima crisi respiratoria, ha rotto il cordone ombelicare con il suo destino. Il fumo negli occhi dell’ultima sigaretta non l’ha spaventata perchè era tutto lì il segreto. Dopo l’ultimo respiro, Anna ha riaperto gli occhi sul parabrezza di quel tassì, dove vi ha trovato il bigliettino che tutte le mattine Ugo le lasciava sullo specchio del bagno: “Anna, fai presto.Ti sto aspettando”.