Magazine America
Negli anni 80 della mia adolescenza ho letto e guardato in tv tutti gli speciali possibili su Dallas, fino a stufarmi e a pensare che sia molto probabile che davvero il Presidente sia stato assassinato da Lee Harvard Oswald e che, comunque, la sua presidenza non possa essere ridotta al complotto più o meno verosimile che portò al suo assassinio. E' molto di più.
Per me è il suo discorso di insediamento, nel freddo gennaio del 1961, è in quel visionario e consapevole "Oggi la fiaccola è passata a una nuova generazione di americani, nati in questo secolo" perché mi piacerebbe poter pensare, in questo mio Paese, con lo stesso orgoglio e la stessa responsabilità di JFK, quel giorno, che "oggi la fiaccola è passata a una nuova generazione di italiani, nati dopo la Seconda Guerra Mondiale e possibilmente negli anni 60 e 70", con tutto quello che questo significa e implica. E' in quelle parole che dovremmo avere tutti stampate in testa, perché non c'è immagine più bella e più impegnativa di "non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, ma cosa tu puoi fare per il tuo Paese". elpais.com sta seguendo in diretta le celebrazioni di questi 50 anni dall'assassinio di Dallas (non mi piace dire di una persona assassinata che è morta, perché morire ed essere assassinati non è lo stesso). C'è ancora molta emozione americana, pensando a come sono andate poi le cose, negli Stati Uniti e in casa Kennedy, dopo la scomparsa del Presidente. C'è anche molta commozione da parte di chi ha letto i suoi discorsi a 15 anni e ne è rimasto segnato per sempre, nelle idee e nelle ribellioni. Il sito web spagnolo rimanda all'ultimo discorso che John F. Kennedy avrebbe dovuto pronunciare al Trade Mart di Dallas (lo pubblica, integrale e in inglese post-gazette.com). Ci sono parole che sono di grande attualità anche oggi e che invitano "all'apprendimento e alla ragione", che "devono guidare la leadership degli Stati Uniti", a usare la forza per cercare la pace e mai per aggredire. C'è un'idea di America e di leadership che non si è più sentita da allora, perché parla di giustizia sociale, di solidarietà, di pari opportunità: "Solo un'America che pratica ciò che predica circa la parità di diritti e la giustizia sociale sarà rispettata da coloro la cui scelta influenza il nostro futuro. Solo l'America, che ha pienamente educato i suoi cittadini è pienamente in grado di affrontare i problemi complessi e di percepire i pericoli nascosti del mondo in cui viviamo. E solo un'America che cresce e prospera economicamente è in grado di sostenere le difese di tutto il mondo libero, dimostrando a tutti le opportunità del suo sistema e della sua società". C'è l'ossessione tutta americana nella guerra al comunismo, ma anche l'idea che la sicurezza degli USA dipenda dalla sicurezza degli alleati e che la vittoria contro l'avversario possa arrivare non con la guerra, ma con l'esempio e la prosperità. In fondo è sempre valido un altro celebre concetto kennedyano: "Se volete sapere la differenza tra il mondo libero e il comunismo, venite a Belino" a vedere il Muro (non credo di aver avuto bisogno di ulteriori spiegazioni, dopo quella frase, molto più intelligente ed efficace dell'Ich bin ein Berliner che tutti i media si ostinano a riportare). L'ultimo paragrafo di questo discorso è stato inciso in una targa inaugurata oggi nella Dealey Plaza di Dallas. Lo voglio conservare su Rotta a Sud Ovest. "Noi , in questo paese, in questa generazione, siamo, per destino, più che per scelta, le sentinelle delle mura della libertà mondiale. Chiediamo, quindi, di essere degni del nostro potere e della responsabilità, di esercitare la nostra forza con saggezza e moderazione, e di raggiungere nel nostro tempo, e per sempre, l'antica idea di "pace sulla terra, buona volontà agli uomini". Questo deve essere sempre il nostro obiettivo e la giustizia della nostra causa deve essere sempre alla base la nostra forza. Perché, come è stato scritto molto tempo fa: 'Se il Signore non vigila sulla città, invano veglia la sentinella'"
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