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Mi sento così stupida con te. Così stupida! Una stupida di proporzioni cosmiche, una stupida con la esse maiuscola, una stupida ragazzina idiota. Una STUPIDA. Punto. Niente da aggiungere. È che mi comporto in un modo strano e incomprensibile con te: ti vedo e puff, in un attimo, mi tornano in mente quegli anni in cui ti sbavavo dietro, diciamolo chiaramente. Mi tornano in mente tutte le pagine che ho riempito col tuo nome e con pensieri dedicati a te. Mi tornano in mente i tuoi abbracci e le mie speranze. Puff. Mi vergogno come una ladra e non so guardarti come uno qualunque con cui parlare di film o calcio. Non mi riesce. Mi odio, giuro.
Sai qual è il problema? Il problema è che non è mai successo niente. Sì, il problema è questo.
Sai che c'è? C'è che quando guardo la mia cuginetta che ha 14 anni capisco all'improvviso quello che tu hai fatto per me. Ero una quattordicenne che fino a due giorni prima aveva giocato con le bambole, una bambina, poco più. Mi sentivo grande, ma adesso so che non lo ero. Mi sentivo grande e sognavo il mio principe azzurro. Eri tu. Non te l'ho mai detto, ma suppongo di essere diventata rossa come un pomodoro in più di un'occasione. Suppongo che tu l'avessi capito, ma non hai fatto niente. Eri più grande, avevi gli ormoni a duemila, potevi fare tutto con me, ma non l'hai fatto. Mi piace pensare che non è che non l'hai fatto perché ti facevo del tutto schifo, ma solo perché dall'alto dei tuoi anni in più vedevi nitidamente quanto ero piccina. Adesso guardo la mia cuginetta e capisco quello che hai fatto per me, o meglio, quello che non hai fatto: non mi hai usato, non hai preso il mio amore puro e ingenuo e non l'hai sfruttato, mi hai fatto piangere, ma non mi hai fatto mai pentire di niente. Eri già un uomo tu ed io avrei pagato, ti giuro, pagato, per essere un po' come la protagonista di quel libro che mi aveva prestato la mia compagna di banco, quel libro che leggevo la sera di nascosto, vergognandomi un po', che cosa scema. Sì, insomma, avrei voluto avere qualche piccola cosa in comune con quella Melissa P., perché ero convinta che così tu mi avresti guardata e ti sarei piaciuta e anche se non ti fossi piaciuta comunque mi avresti amato.
Eri l'unico per cui avrei rinunciato alla mia libertà. Sei restato l'unico per tanto di quel tempo che non ti immagini e che non voglio nemmeno sottolineare perché davvero mi fa sentire stupida. Tutto quel tempo dietro a te. Tu che mi stringevi e mi davi pizzicotti. Tu che mi prendevi in braccio e mi sbaciucchiavi. Tu che mi dicevi che se per caso un giorno ti saresti sposato con un'altra mi avresti tenuto come amante (che cosa squallida). Tu che mi dicevi di allacciare un bottone in più della camicia ché se no eri geloso. Tu che mi controllavi gli esercizi di matematica anche se non avevo bisogno del tuo controllo. Tu che rifacevi i problemi del mio compito in classe, mentre tornavamo a casa sul pullman, per capire se li avevo fatti bene oppure no. Tu che cantavi gli 883 anche alle sette di mattina quando io avrei voluto solo dormire accartocciata su quel sedile. Tu che mi dicevi di volerti divertire ancora un po', per qualche anno, prima di mettere la testa a posto. Tu che non facevi gli scioperi. Tu che cantavi nel coro della chiesa e volevi che ci venissi anch'io (non ci sono mai venuta). Tu che mi prendevi in giro sorridendo, ma mi difendevi davanti agli altri. Tu che non mi offrivi mai la tua sigaretta. Tu che gesticolavi. Tu, solo tu, per troppo tempo. Solo nella mia testa, poi. Se un giorno tu avessi un vuoto di memoria potrei leggerti tutto un diario. Ti ricorderei di quel giorno che pioveva e indossavi la cravatta rosa per il pranzo dei cento giorni. Ti ricorderei di quella volta che avevi la febbre, potrei dirti i giorni esatti della tua influenza o delle tue gite o delle sere in cui andavi in discoteca e ti ubriacavi. Potrei leggerti del giorno in cui hai preso la patente e potrei dirti i voti delle tue interrogazioni di diritto. Potrei anche leggerti le tracce della tua maturità, ho copiato anche quelle nel mio diario, perché io volevo esserci nei tuoi momenti importanti, volevo esserci, te lo giuro.
E adesso, quelle poche volte in cui ci vediamo, mi vengono in mente tutte queste immagini e allora, non so com'è, ma mi blocco. Mi succede solo con te e non vorrei. Non posso fare a meno di pensare a te quando sento gli 883. E non posso fare a meno di sentire in lontananza i battiti accelerati del mio cuore di allora. Come un'eco. Come un'eco ogni volta che ti vedo ritornano le parole che ho scritto, parole sdolcinate che non ho più usato per nessuno.
Sei stato l'ultimo destinatario di silenziosi ti amerò per sempre, l'ultimo destinatario di sogni di un altare e di un vestito bianco. L'ultimo dei principi azzurri. Ecco quello che sei. Dopo di te e della favola che avevo inventato nei miei diari ho scoperto la realtà.
E tu nella mia realtà non ci sei mai stato.
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