
Stamy di Graz da E' Vita su Avvenire dell'8 marzo 2012
Alberto Giubilini e Francesca Minerva, due ricercatori italiani all'estero, sostengono nel Journal of Medical Ethics che l’uccisione di un neonato dovrebbe essere accettata in tutti i casi in cui è permesso l’aborto, come situazione di bisogno economico della famiglia o situazione psicologica negativa della madre, anche se il bambino fosse sano.Come Rita Gumma nel suo Blog, mi chiedo anch'io se possa definirsi etica questa proposta e concludo con le parole di Carlo Cardia:
«Se l’uomo è padrone di sé e degli altri, fino a poter sopprimere il figlio già nato, è inutile che si interroghi sul senso della vita, sulle sue finalità ultime, perché ha già risposto, ha cancellato la propria specificità, la ricerca del bene, la solidarietà con i suoi simili, si è posto come arbitro assoluto della vita. È l’ennesima riprova del fatto che il relativismo crea un deserto attorno a noi, costringe l’umanità a ricominciare daccapo, perché non v’è più spazio per i diritti umani, per la cura dei più deboli, per ogni umanesimo che voglia portare l’uomo oltre la materialità. Si è come ricaduti in quel peccato originale che aveva reso l’uomo superbo fino a sostituirsi a chi l’aveva creato. Ricominciare dalla legge eterna iscritta nella coscienza vuol dire spingere di nuovo l’uomo in avanti, elevarlo come creatura chiamata al bene, rifiutare ogni dominio sugli altri».





