C’è un disegno di Bruxelles che vorrebbe imporre una limitazione ai prelievi da conto corrente.
Sono quelle notizie che fanno bene alle economie in recessione, avranno pensato i più sarcastici. Dopo il blocco dei conti correnti attuato da BNI si prospetta un analogo scenario, stavolta su scala più vasta, per evitare che la sfiducia sui vari piani di salvataggio dell’Euro produca scene di panico collettivo con file chilometriche agli sportelli bancomat. Si vuole insomma evitare che la gente comune entri in possesso del proprio denaro, che è quello che tiene in piedi il sistema bancario. Ci stiamo “argentinizzando”.
E’ uno scenario d’emergenza, quello preventivato dalle autorità europee, da leggere in concerto con la sempre crescente diffidenza verso i risultati elettorali greci di domenica prossima. La paura è che le spinte centrifughe (rappresentate dalla sinistra di Syriza e KKE, tradizionalmente contrarie agli impegni greci con la UE) portino Atene a non rispettare il piano di rientro che il governo bank-o-kratico di Papademos ha imposto al popolo. Non è ben chiaro se questo sia uno spot elettorale nei confronti delle forze politiche che hanno affossato la Grecia, o una velata minaccia ai popoli che vogliano autodeterminarsi, anche lontano dalle stanze di Bruxelles accordando la preferenza agli euro scettici della sinistra ellenica.
Intanto si immaginano scenari da apocalisse consumistica: bancomat che non sputano più soldi del Monopoly, POS che non lasciano più strisciare le carte di pagamento, sentirsi rispondere “picche!” alle legittime richieste di prelievo da un conto o da un libretto di risparmio. Il teorema di Marciano non fa una grinza: il noto pugile statunitense preferiva essere pagato in contanti “perché questi sono soldi”, diceva. Un assegno, un conto in banca o una card di plastica, decisamente no. Fa un po’ impressione pensare che questo basilare concetto sia stato preso da uno che faceva a pugni per guadagnarsi da vivere, e non da un docente dell’ennesima università privata che scrive libri che poi, alla fine dei conti, si rivelano di scarsa utilità.
Come pronosticato tempo addietro, la Grecia deve essere salvata non per responsabilità nei confronti di un membro dell’Unione che è culla della civiltà occidentale, ma perché l’effetto domino potrebbe essere devastante, come riconosciuto anche dalla stessa Christine Lagarde, numero uno del Fondo Monetario Internazionale, che indica in tre mesi il termine ultimo per sbrogliare questa intricata situazione.
Le minacce di Lafontaine non fanno più paura: si è capito che se in un corpo c’è un organo malato, a lungo andare anche gli altri rimarranno infettati. La Grecia è malata, l’Italia infetta, la Spagna in necrosi: finché ad ammalarsi non sarà la Germania, sarà difficile che la situazione possa trovare una cura valida.