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L’uomo che ha fottuto l’Italia

Creato il 10 giugno 2011 da Oblioilblog @oblioilblog

L’uomo che ha fottuto l’Italia

Ci sono tanti giornalisti e analisti italiani che raccontano il disfacimento nostrano, ma non viene mai dato loro credito: sono bollati come pessimisti, disfattisti o più preferibilmente come comunisti. E quindi ignorati.

La critica diventa più autorevole quando a formularla è un osservatore estero, facilitato poiché, non essendo inserito nel sistema, ha una visione più ampia della situazione.

La pesante stoccata arriva, e non è la prima volta, dall’Economist. Il settimanale inglese ha dedicato uno speciale di 14 pagine all’Italia in virtù dei 150 anni e l’autore John Prideaux non le ha mandate a dire al premier, vivisezionando la condizione italiana con ammirabile lucidità. 

Istantanea macabra: l’Italia è una paese vecchio e corrotto, in mano alle corporazioni, dove un gruppo ristretto di forti privilegiati vive bene a scapito di molti senza tutele e disoccupati. Una casta di politici e dirigenti tiene in mano le sorti di un paese con un sistema bancario ingessato, un quarto dei giovani senza lavoro, con la percentuale di donne lavoratrici più bassa dei paesi occidentali, un’università disastrata e in mano ai baroni, dove il familismo amorale è la regola, dove i giovani laureati scappano all’estero per sfuggire al sistema delle raccomandazioni e delle conoscenze.

L’Italia è diventata un Paese a disagio nel nuovo mondo, timoroso della globalizzazione e dell’immigrazione. Ha attuato un insieme di politiche che discriminano fortemente i giovani e la meritocrazia e istituzionalizzano la gerontocrazia. L’Italia non è riuscita a innovare le sue istituzioni ed è indebolita dai continua conflitti di interesse in campo giudiziario, politico, dei media e finanziario.

Secondo Prideaux, l’Italia ha tutte le componenti che servono per ripartire, ma quello che serve è un cambio di governo. Nonostante i suoi successi personali, Berlusconi si è rivelato tre volte un disastro come leader nazionale: la prima per il bunga bunga, la seconda per le imputazione di frode, truffa contabile e corruzione e la terza per il totale disinteresse per la condizione economica del paese.

Forse distratto dai suoi problemi legali, in nove anni il Presidente del Consiglio non ha trovato rimedio e non è stato neppure capace di ammettere lo stato di grave debolezza economica dell’Italia. Lascerà in eredità un paese in grave difficoltà. La malattia dell’Italia non è acuta, ma cronica: pian piano mangia via la vitalità. Per ora è stata al riparo dalla speculazione finanziaria, ma potrebbe diventarne una preda privilegiata se rimarrà stagnate e non riformata e con un debito pubblico attorno al 120% del PIL.

Berlusconi è arrivato al potere con l’idea di essere un imprenditore di successo in grado di fare le riforme economiche liberali ed è stato il più longevo Primo Ministro dopo Mussolini. Tra una battaglia giudiziaria e l’altra, qualche riforma l’ha fatta, come la Biagi e quella dell’Università. Avrebbe potuto fare di più se avesse usato il suo potere e la sua popolarità per fare altro anziché difendere i suoi interessi personali.

Si è perso tempo prezioso: negli ultimi dieci anni, l’Italia è cresciuta solo dello 0,25%, al mondo hanno fatto peggio solo Haiti e lo Zimbawe.

L’Italia è un paese ricco, in pace e civilizzato che non sembra essere troppo in crisi, ma non può più vivere di rendita. Potrebbe andare aventi in questo modo, impolverandosi e invecchiando sempre di più, ma restando a galla agevolmente. Il successore di Berlusconi potrebbe introdurre alcuni immediati miglioramenti con poco sforzo. Gli italiani devono smettere di incolpare i morti per le loro difficoltà e svegliarsi.

 


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