All'improvviso scorge una figura legata a una sedia al centro della strada.
Con una brusca frenata evita la collisione. Scende dall'auto, fa alcuni passi e viene colpito violentemente alla nuca. Il giorno successivo, l'avvocato viene trovato morto all'interno della sua macchina capovolta in un campo.
Nel frattempo, il commissario Kurt Wallander vaga irrequieto su una spiaggia a Skagen all'estremo nord della Danimarca. Da mesi è in preda a una forte depressione. Si sente finito, è deciso a porre termine alla sua carriera di poliziotto.
Kurt Wallander, deciso a ritirarsi dalla sua attività di commissario di polizia di Ystad, è costretto a tornare in servizio per indagare sulla morte dell'avvocato Gustaf Torstensson, deceduto in circostanze misteriose in un incidente stradale.
La polizia, che in un primo momento aveva archiviato il caso come un normale incidente, inizia a sospettare di omicidio, allorquando il figlio di Torstensson, Sten, anch'egli avvocato, viene freddato con dei colpi di pistola nel suo ufficio legale.
Prima di morire Sten Torstensson aveva contattato Wallander per convincerlo ad occuparsi dello strano incidente occorso al padre. Ben presto l'acuto commissario si pone sulle tracce di un insospettabile magnate della finanza svedese, Alfred Herderberg, che gestisce i suoi affari dall'inaccessibile castello di Farnholm, cliente facoltoso dello studio legale e ultimo ad incontrare in vita Gustaf Torstensson.
Durante le indagini, la segretaria dello studio legale è destinaria di una mina antiuomo trovata nel suo giardino e lo stesso Wallander, assieme alla nuova collega in forze alla polizia di Ystad, Ann-Britt Hoglund, scampa per un soffio ad un attentato.
Il commissario deve inoltre indagare anche sul finto suicidio di Lars Borman, che aveva inviato agli avvocati, prima di morire, delle lettere minatorie. Il ritrovamento di uno strano contenitore nell'auto incidentata di Torstensson conduce sulla pista di un abietto traffico d'organi umani.
La nebbia è come un animale da preda che si muove silenziosamente, pensò.
Non riuscirò mai ad abituarmi. E questo anche se ho vissuto tutta la mia vita nella Scania dove la nebbia circonda costantemente le persone e le rende invisibili.Erano le nove di sera dell'11 ottobre 1993.
La nebbia era avanzata rapidamente dal mare. Stava guidando per tornare a casa a Ystad e aveva appena passato Bròsarps Backar quando la sua auto si infilò dritta nel muro bianco del banco di nebbia.
Immediatamente, sentì la paura crescere dentro di sé.
Ho paura della nebbia, pensò. Invece dovrei avere paura dell'uomo che ho appena incontrato al castello di Farnholm. Quell'uomo cordiale con quei suoi collaboratori che incutono timore e che si muovono sempre discretamente facendo in modo che i loro volti rimangano nell'ombra. Adesso che so quello che si nasconde dietro a quel suo sorriso di cittadino irreprensibile e al di sopra di ogni sospetto, dovrei pensare solo a lui. È lui quello che devo temere. Non la nebbia che sale silenziosa da Hanobukt. Adesso che so che quell'uomo non esiterebbe un attimo a uccidere chiunque cerchi di ostacolarlo.
Presto fu costretto ad azionare il tergicristallo per eliminare In pillimi ili umidità dal parabrezza. Odiava guidare quando era buio. Il riflesso dei fari sull'asfalto non gli permetteva di distinguere le lepri che continuavano a tagliargli la strada.
Gli era capitato di investire una lepre una sola volta. Era successo trent'anni prima, una sera di primavera mentre guidava in dirczione di Tomelilla.
Ricordava ancora il movimento istintivo e inutile del suo piede sul pedale del freno e subito dopo il colpo sordo contro la lamiera. Si era fermato ed era sceso dall'auto. La lepre era stesa sull'asfalto con le zampe posteriori che si muovevano spasmodicamente. Il torso era paralizzato e la lepre continuava a tenere gli occhi fissi su di lui. Si era scosso e aveva raccolto una pietra sul ciglio della strada, l'aveva scagliata contro la testa dell'animale chiudendo gli occhi. Poi era tornato rapidamente all'auto senza voltarsi.
Non aveva mai dimenticato gli occhi della lepre e il movimento delle zampe. Non era mai riuscito a liberarsi di quell'immagine. Gli tornava in mente in continuazione, spesso quando meno se lo aspettava.
Cercò di scacciare la sensazione di nausea. Una lepre morta da trent'anni può perseguitare un essere umano ma senza troppe conseguenze, pensò. Ho già abbastanza da fare con quelle vive per occuparmi anche di quelle morte. Si accorse che istintivamente alzava lo sguardo sempre più spesso verso lo specchietto retrovisore.
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