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Ma un giorno c’è un black-out. Tragicamente televisione e stereo ammutoliscono e la casa è improvvisamente più silenziosa di una chiesa di campagna in una giornata di agosto. In preda al panico, Giuseppe si precipita verso la cucina, tira giù due piatti dalla credenza e inizia a sbatterli l’uno contro l’altro mentre batte a terra il piede destro al ritmo di OH-OH-OH. I piatti si scontrano con un rumore acuto che gli trasmette scariche di benessere. Ma sale anche l’adrenalina, Giuseppe sbatte i piatti un po’ troppo forte e questi vanno in frantumi. Immediatamente afferra altri due piatti, ma poi pensa non voglio distruggere la cucina, e trova un’altra soluzione. Inizia a cantare. A squarciagola, stonato. Canta Nel sole di Al Bano, Se telefonando di Mina e Champagne di Peppino di Capri. Presto ha il mal di gola, si accorge che sta per diventare afono e cerca di escogitare per tempo un’altra soluzione ma non gli viene in mente nessuna idea.Qualcuno bussa alla porta d’ingresso, e Giuseppe si precipita ad aprire. E’ Priscilla, la sua dirimpettaia. Che diavolo succede, chiede, cos'è tutto questo fracasso. Giuseppe la afferra per un braccio facendola trasalire, chiude la porta di casa e la trascina in soggiorno.Ti prego, parla!, le urla.E cosa dovrei dire, chiede lei sorpresa.Quello che vuoi, purché tu lo faccia ad alta voce e senza pause, risponde Giuseppe.Incuriosita e convinta che si tratti di un gioco, Priscilla accetta la proposta. Inizia a raccontarle la sua giornata, le persone che ha incontrato, la cena con le amiche del liceo, il film con Jean Paul Belmondo che ha visto ieri sera, gli ultimi scandali della politica locale. Lo fa con una voce squillante che a poco a poco finisce per rassicurare Giuseppe, che torna a sedersi sul divano e sospira. Io lo so perché hai paura del silenzio, dice improvvisamente Priscilla lasciando Giuseppe di stucco. Cosa dici, chiede lui.Hai paura del silenzio perché hai paura di ascoltare, dice Priscilla. Eppure una volta non ne avevi paura. Sapevi bene che il silenzio è una parte fondamentale dell’ascolto, sapevi che il silenzio è come le parti bianche di un foglio scritto che danno un senso compiuto ai filamenti d’inchiostro che qualcuno ha deciso di porvi sopra. Poi, ascoltare ti ha fatto soffrire. E hai deciso di non farlo più, hai voluto versare il calamaio sul tuo foglio di carta rendendo illeggibili le parole. Adesso hai paura che il silenzio possa dare di nuovo un senso compiuto alle parole che hai voluto cancellare, perché quelle parole ti fanno del male.Ma se pensi di cancellare quelle parole ricoprendole di musica e rumore, ti sbagli. Puoi seppellirle, metterci sopra strati di terra e cemento, ma quelle parole resteranno sempre lì in basso, a farti del male. E’ solo dissotterrandole, è solo cercando di rimuovere l’inchiostro superfluo che puoi provare a farle asciugare al sole. Fino a farle sbiadire, forse.
Poi Priscilla dice di essere in ritardo per un appuntamento e va via. Giuseppe resta solo e improvvisamente le parole tornano su rapide come bolle in una vasca idromassaggio. Sono le parole affilate di un monologo che inizia con “E’ stato tutto uno sbaglio”. Il lungo monologo di Camilla, la sua Camilla dagli occhi nocciola e il viso da ragazzina, seduta a gambe incrociate sulla sua poltrona Frau, mentre lui ascolta incredulo e cerca di marchiare nella memoria ogni tratto di lei, dal tono della voce alla ciocca ribelle di capelli, dal neo sopra l’occhio sinistro alle labbra lucide e spesse. Consapevole del fatto che non la vedrà mai più.La casa è di nuovo in silenzio, ma adesso Giuseppe non è più smanioso. Perché le parole che lo hanno fatto soffrire sono più assordanti di un concerto dei Metallica con amplificatori a diecimila watt. E hanno già riempito casa, rimbalzano violente e incuranti tra le pareti come mille palline da tennis.Giuseppe ne ha paura. Prende uno zaino da campeggio e ci infila dentro una coperta e un cuscino. Esce di casa facendo sbattere la porta e suona nell'appartamento di Priscilla. Se non ti dispiace, questa notte mi fermo a dormire da te, dice a Priscilla quando lei apre la porta d’ingresso. Le parole che mi hanno fatto male sono tornate su improvvise e hanno preso possesso di casa mia, rimbalzano assordanti tra le pareti e non mi lasciano più spazio. Domani tornerò a casa e so che saranno più deboli, e dopodomani lo saranno ancor di più. Alla fine saranno tenui come un eco dimesso, e verranno assorbite dalle pareti. Ma stasera sono ancora tanto rumorose.Priscilla è dapprima stupita, poi sorride e lui si accorge della fossetta sulla sua guancia destra.Fammi dormire da te, continua Giuseppe, resterò in un angolino e mi farò piccolo piccolo. Però ti prego, raccontami qualcosa, ho bisogno di parole nuove perché mi sono liberato di quelle vecchie e sento un vuoto allo stomaco. Ma stavolta non urlare, aggiunge Giuseppe, sussurrale soltanto.
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