“Perciò, stando così le cose, la faremo finita e ce ne andremo da qualche altra parte dove non si stia stipati e dove uno possa ottenere ciò che gli è dovuto. Non siamo uomini da poco e non abbiamo paura di nulla tranne che del bere e per questo abbiamo firmato un Contratto. Perciò ce ne andiamo, per diventare re”.
Tra i più grandi registi del firmamento, John Huston coltivò un sogno lungo decenni: L’uomo che volle farsi re, un film tratto dall’omonimo racconto di Rudyard Kiplingche riuscì a girare tra le Alpi Francesi e il sud est del Marocco nel 1975. Dopo aver firmato decine di lungometraggi con una qualità media tale da elevare la sua figura a leggenda, Huston tentò di coinvolgere senza successo attori già al suo fianco quando non lanciati come Humprey Bogart, che avrebbe dovuta fare coppia con Clark Gable, poi Burt Lancaster e Kirk Douglas, ancora Robert Redford e Paul Newman, ma infine si narra che fu quest’ultimo a suggerire i nomi definitivi di Sean Connery e Michael Caine, che non sprecarono l’occasione con una interpretazione magistrale e in piena sintonia con l’atmosfera grottesca che caratterizza la folle impresa dei due protagonisti.
Imperfetto se a un film si chiede un precetto, perfetto se si è allergici al cinema più didascalico, questa volubile epopea merita appieno l’esteso pantheon hustoniano, pur se in posizione defilata rispetto ai capolavori epocali che di tale edificio sono invero artefici.
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