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L’uomo e la terra secondo la cultura andina

Creato il 19 novembre 2011 da Rossellagrenci
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Dopo l’infausta notizia che ho riportato ieri, e che ha avuto vasta risonanza nel web, oggi vorrei farvi leggere le parole del curandelo peruviano Mamani che vive in Svizzera, autore di tanti libri famosi (La profezia della curandera, Negli occhi dello Sciamano, Inkaryi. La profezia del Sole).

Questo brano fa parte di un’intervista fatta a Mamani e pubblicata su Comete.

Il mondo occidentale vive il rapporto con la Terra attraverso un senso di possesso e un diritto di proprietà. Per il mondo andino noi non possediamo la Terra, siamo parte di essa. La nostra cultura stabilisce che se l’uomo si allontana dalla natura si allontana anche da se stesso. Sono due posizioni molto diverse. La prima non permette di arrivare alla radice del problema ambientale.

Se un uomo conosce se stesso, il proprio corpo e la propria mente, può comprendere i cambiamenti del pianeta, altrimenti non può farlo. L’uomo moderno, secondo noi, non ama se stesso ed è un uomo malato. Non capisce i meccanismi del corpo e della vita. Usa il corpo e la mente, ma senza conoscerli. Rispetto a lui noi siamo molto pragmatici.

Nella nostra cultura riteniamo che ci siano tre tipi di uomini, uno è un semplice viandante (purek, bipede), cammina, ma non sa cosa vuol dire ad esempio il fatto che i propri piedi portino l’enorme peso del proprio corpo e non sa cosa succede all’interno di se stesso. E’ ignorante circa il proprio corpo, vive, ma non è un essere umano. Poi esiste l’uomo che diventa consapevole un po’ alla volta, attraverso un percorso di dieci, dodici anni, dei meccanismi del proprio corpo e della propria mente. Questo è un essere umano, è un’entità organica (runa). Quell’essere che poi comprende se stesso e arriva a poter utilizzare i suoi meccanismi e le sue facoltà per dirigere e controllare il proprio corpo e la propria mente oltre ad altri elementi della natura, diventa in qualche modo un superuomo (hatun runa, uomo trascendente, realizzato). E’ colui che impara ad utilizzare il corpo e la mente come una unità con consapevolezza. Qui in Occidente questo è inconcepibile. Forse solo qualche vecchio contadino che abbia fatto un percorso di vita legato alla Terra può avvicinarsi ad una consapevolezza che abbia un’affinità con la nostra. E’ una conoscenza molto lontana dalla sapienza intellettuale delle Università e non esiste un sapere teorico che possa da solo intendere la natura e i suoi meccanismi.

Noi capiamo l’energia che proviene dalla Terra e dal cosmo. Uno che entra in contatto con la natura sa che questa energia esiste in determinati punti del pianeta. I luoghi dove è concentrata in maggior quantità sono ritenuti sacri.

Finché l’uomo moderno non diventa più umile e viste le poche conoscenze che ha, la vicinanza con le nostre popolazioni indigene è difficile.

Per quel che riguarda il pianeta si sta parlando molto dell’inquinamento, ma si sta cercando di tamponare in modo artificiale il problema. Gli indios (Quechua, Aymara) ad esempio si stanno opponendo nel nostro territorio all’apertura di nuove miniere. Si rischia di tagliare metalli che sono portatori di energia attraverso il pianeta. E questo è un danno. E’ come intaccare il sistema nervoso in un corpo umano, che porta l’energia nei punti più lontani o periferici. Gli ingegneri e i geologi occidentali non possono comprendere questo tipo di problemi.

Qui invece potete trovare un mio articolo sulla Spiritualità andina.


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