L’uomo in piu’ – Paolo Sorrentino

Creato il 14 ottobre 2014 da Maxscorda @MaxScorda

14 ottobre 2014 Lascia un commento

Eccoci a Sorrentino che e’ come dire, eccoci al cinema italiano oggi.
In realta’ non e’ vero del tutto, perche’ un Oscar non serve a nulla se non per scoperchiare ulteriormente il tombino che divide l’arte dalla fogna nel quale il cinema di casa nostra e’ precipitato ormai da decenni. Riorganizzo spezzoni e visioni distratte sul nostro, per via del premio, per amore del cinema, curiosita’ ma in gran parte per il consiglio di un caro amico gia’ citato su queste pagine, mai col suo nome (ciao Marco!) che per quanto egli insista nell’autodefinirsi "ignorante" sull’argomento, serba una visione del cinema lucidissima ed essenziale, quindi intelligente e sempre da ascoltare. Da tempo mi spinge a guardare con piu’ attenzione Sorrentino, fosse solo per mitigare il giudizio ben piu’ che negativo che esprimo sulle pellicole di casa nostra. Percio’ eccomi.
E’ il 1980, per molti il decennio piu’ sfolgorante del secolo al suo esordio ma non per i due protagonisti, un calciatore e un cantante, entrambi napoletani ed entrambi con lo stesso nome, che perdono in pochi istanti, tutto quanto possiedono, il ginocchio il primo, la credibilita’ e dignita’ il secondo.
E’ la storia di una caduta e di un rialzarsi stentato e fallito, circondati dall’indifferenza e dal sottile e sadico piacere di chi gode nel vedere mangiare la polvere a chi cade dall’alto.
Esordio che sorprende, anzi sbalordisce. Sorrentino si permette di citare i grandi senza timore alcuno e bastino i tre minuti di piano sequenza dell’ingresso di Servillo al night come Liotta al ristorante nel "Goodfellas" di Scorsese, omaggio che anticipa la dedica da Oscar e comunque la scelta delle inquadrature, la fotografia, il movimento di camera e’ un inizio stupefacente.
Toni Servillo e Andrea Renzi, i due Pisapia protagonisti si dividono gli applausi. Intensi, potenti, calati entrambi nella inconsapevolezza di chi vive per delle passioni totalizzanti, avvolgenti e di queste passioni hanno fatto ragione di vita e con esse conquistato la vetta. Cadere in questi casi non e’ previsto, neppure innanzi l’evidenza.
C’e’ soltanto una grande pecca: e’ un film triste, tristissimo come solo il cinema italiano sa essere, anzi caratteristica propria che ormai e’ impronta indelebile, ben inquadrata dalle parole di Tarantino ma e’ un concetto sul quale tornero’.
Non il miglior esordio italiano alla regia ma poco ci manca e comunque basterebbe gia’ questo a metterlo nei primi cinque registi degni di questo nome nel cinema italiano. Anche perche’ non esiste un sesto. Vediamo il resto.

Scheda IMDB


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