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L’Uomo Nero dei bambini afghani è italiano

Creato il 25 luglio 2012 da Federbernardini53 @FedeBernardini

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Un tempo, quando le nostre mamme volevano porre un freno alle intemperanze dei figli un po’ discoli, li minacciavano con queste parole: “Stai attento, perché se fai così arriva l’Uomo Nero e ti si porta via!”

I più giovani non se lo ricordano, anzi probabilmente non lo sanno, perché questo modo di dire, frutto di una mentalità chiusa e un po’ razzista, non si usa più. Ma le mamme afghane, ancor oggi, quando vogliono spaventare i loro monelli, li apostrofano dicendo: “Guarda che chiamo Abu Tàbela!”

E Abu Tàbela altro non è se non la corruzione di Avitabile: Paolo Crescenzo Martino Avitabile, uomo d’armi napoletano del XIX secolo. Ma vediamo come questo signore sia riuscito a crearsi una così poco invidiabile reputazione.

Paolo Avitabile nasce ad Agerola, in quello che allora era il Regno di Napoli (poi, dal 1816, Regno delle Due Sicilie), il 25 ottobre del 1791. Oggi in pochi lo ricordano, ma ai suoi tempi quest’uomo assurse a fama internazionale, grazie alle sue qualità militari e politiche e, soprattutto, alla sua totale mancanza di scrupoli e alla sua proverbiale crudeltà. Io stesso ne ignoravo l’esistenza fino a pochi anni or sono quando, in margine a una discussione intorno alle guerre afghane, me ne parlò lo storico Angelo Paratico, che lo definisce scherzosamente come “Una sorta di protocamorrista”.

Di origini modeste e di scarsa cultura, il giovane Avitabile non trova di meglio che arruolarsi nell’esercito di Gioacchino Murat, allora Re di Napoli, dove si distingue raggiungendo il grado di sergente d’artiglieria. Dopo il crollo dell’Impero napoleonico, il nostro, seguendo quella che era la sua naturale inclinazione, prosegue la sua carriera militare al servizio dei restaurati Borboni, riuscendo addirittura a fare un salto di casta e a diventare ufficiale, un rango che all’epoca era riservato quasi esclusivamente ai rampolli delle famiglie aristocratiche.

Un invidiabile traguardo, per un giovane di modesta condizione come la sua, ma Paolo Avitabile è ambiziosissimo, assetato di onori, di ricchezza e d’avventura e i gradi di tenente dell’esercito del Re di Napoli non gli bastano. Si congeda e parte per l’Oriente in cerca di fortuna, certo che le sue qualità militari sarebbero state apprezzate e premiate in quelle terre turbolente in perpetuo stato di guerra.

È l’inizio di un’avventura romanzesca. Prima tappa la Persia dove, nel 1820, prende servizio come ufficiale dell’esercito imperiale. In sei anni Avitabile fa una carriera folgorante e nel 1826, ad appena 35 anni, si congeda dall’esercito di  Fath Ali Shah col grado di generale.

Si sposta più a oriente e nel 1827 lo troviamo nel Punjab dove, preceduto dalla fama conquistata in Persia, viene nominato comandante dell’esercito del maharaja Rajit Singh. Nel 1835, è Governatore di Peshawar, città di confine con l’Afghanistan costantemente minacciata dagli attacchi dei ribelli Pashtun, e grazie al ricorso sistematico e indiscriminato alla rappresaglia, alla tortura e alla forca, Avitabile riesce a piegare la resistenza dei pur bellicosi ribelli afghani, “pacificando” la parte del paese di cui ha assunto il controllo.

Il generale ama il lusso e i bagordi e si racconta che a volte abbandonasse i sontuosi banchetti organizzati nella sua residenza e, in preda ai fumi dell’alcool, si recasse nelle prigioni per dare personalmente una strigliata ai poveracci che vi erano reclusi. È così che Avitabile si guadagna la triste fama che è sopravvissuta sino ai nostri giorni.

La sua carriera in Oriente si conclude al servizio degli Inglesi, allora impegnati in quello che viene definito “Il Grande Gioco” per contrastare l’influenza russa in Afghanistan e nell’intero scacchiere dell’Asia centrale.

Nel 1844 se ne torna ad Agerola ricco, onusto di onorificenze e aureolato di grande prestigio e di grande autorevolezza. Oggi, probabilmente, sarebbe finito dinnanzi al Tribunale Penale Internazionale, ma erano altri tempi e i suoi concittadini lo accolsero come un eroe.

In segno di riconoscenza, gli Inglesi gli avevano fatto dono di alcuni bovini di razza Jersey e Avitabile si improvvisa allevatore, dando vita, con grande successo, alla razza Agerolese, dal cui latte si produce tuttora un eccellente formaggio.

Muore il 28 marzo del 1850, a causa delle esalazioni di monossido di carbonio prodotte da una stufa o, secondo altri, avvelenato dalla moglie. Le sue spoglie riposano in una tomba monumentale nella Chiesa di S. Martino a Campora.

Federico Bernardini

Illustrazione: Il generale Paolo Avitabile, fonte http://it.wikipedia.org/wiki/File:Abutabela.png


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