L’Italia e la Fiat, un rapporto di odio e di amore quello tra il Paese e la casa automobilistica torinese che da più di cinquant’anni ha dato lavoro e costruito macchine che sono diventate uno dei simboli dell’Italia.
Ma non c’è solo amore, ma anche rabbia, infinite lotte sindacali e cifre che sarebbe difficili calcolare che l’Italia ha dovuto versare per pagare i tanti cassaintegrati della Fiat; se provate a fare delle ricerche vedrete dei dati molto sconfortanti, mi riferisco al continuo ed incessante calo dei lavoratri presso questa azienda che per ragioni di economicità e quant’altro ha via via sfoltito il suo personale.
E’ una premessa fondamentale questa se vogliamo capire l’attuale situazione della casa automobilistica torinese, se non consideriamo che la Fiat ha nel corso degli anni mandato a casa migliaia e migliaia di persone, se non consideriamo che lo Stato ha versato miliardi e miliardi delle vecchie lire per gli ammortizzatori sociali e se non consideriamo anche che comunque il marchio Fiat è apprezzato dagli italiani e non solo, non possiamo capire quello che è successo negli ultimi tempi alla Fiat e finiremo con l’additare le colpe tutte all’attuale amministratore Marchionne.
Oggi la Fiat è un’impresa che segna una crescita economica dopo i recenti anni bui, un’impresa di dimensioni notevoli e con stabilimenti di produzione in tutto il mondo.
Ecco il punto cruciale: gli stabilimenti in tutto il mondo, la manodopera straniera che costa meno e una volontà in parte celata di trasferire la produzione all’estero.
Sono stati mesi duri per la Fiat, per i lavoratori della Fiat e per il Governo che ha dovuto mediare tra tanti interessi contrapposti.
Attualmente la Fiat e il colosso Chrysler stanno portando vanti il tentativo di fare squadra, un progetto comune, ambizioso, in parte rischioso, ma sicuramente importante.
Rimane per il Governo italiani e per i lavoratori, il timore che la Fiat possa dismettere la produzione in Italia preferendo Paesi in cui il costo dell manodopera è più basso.
A margine di un workshop sulle relazioni Italia-Usa, l’amministratore delegato Marchionne ha sottolineato che il quartier generale della Fiat rimane Torino e non avverrà nessun spostamento a Detroit, non sono mancate alcune stoccate al Governo italiano e alla Confindustria con i quali negli scorsi mesi vi erano stati degli attriti.
L’amministratore ha anche precisato che con l’assenza degli incentivi predisposti dallo Stato e con la concomitante presenza di altri fattori, il mercato italiano è saturo e ha lasciato intendere che in casa Fiat ci sono molte aspettative sia per l’offerta di 125 milioni di dollari per rilevare le quote della Chrysler dal Tesoro canadese, sia per la vendita della Cinquecento negli Stati Uniti.
Ma non è nemmeno questo il punto cruciale e nemmeno lo è sotto certi aspetti il recente referendum con cui i lavoratori della Fiat hanno deciso se fossero d’accordo con la predisposizione di deroghe al contratto collettivo nazionale da parte della Fiat, si tratta di deroghe sfavorevoli per i lavoratori sia chiaro e sia chiaro anche
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