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La battaglia di Santiago

Creato il 03 novembre 2012 da Calcioromantico @CalcioRomantico

«Buon pomeriggio. L’incontro a cui state per assistere è l’esibizione di calcio più stupida, spaventosa, sgradevole e vergognosa, possibilmente, nella storia di questo sport»

David Coleman, telecronista BBC.

Il 22 maggio del 1960 il Cile è stato colpito dal più potente terremoto mai registrato nella storia, conosciuto come Grande terremoto cileno. L’epicentro è stato individuato 900 km a sud della capitale Santiago, ma gli strascichi del sisma sono arrivati tramite tsunami anche alle Hawaii, in Giappone, nelle Filippine, in Nuova Zelanda, Australia e Isole Aleutine, con onde alte fino a 25 metri. Le stime più attendibili parlano di 3000 morti e danni tra 400 e 800 milioni di dollari statunitensi, solo in Cile: cifre relativamente scarse vista l’entità del terremoto, ma comunque un ottimo motivo per non disputarvi un mondiale due anni dopo.

Invece no, il calcio già allora non si fermava davanti a niente: il Cile, scelto a sorpresa come sede per i Mondiali del 1962, è stato confermato, tra le polemiche.[1] La cosa curiosa è che tali polemiche non riguardavano tanto la tragedia di due anni prima, che a essere cinici aveva perlomeno condizionato la qualità delle infrastrutture necessarie per una simile manifestazione, quanto il sospetto che dietro la candidatura cilena ci fosse il Brasile, campione in carica, che non vedeva di buon occhio un mondiale organizzato dall’eterna rivale La battaglia di SantiagoArgentina, anch’essa in corsa per ospitare questa edizione della Coppa Rimet.

Il caso vuole che nel girone dei padroni di casa capiti l’Italia, uno dei tanti paesi a storcere il naso di fronte alla scelta della sede del mondiale. Ciò nonostante, i rapporti con il Cile fino a quel momento si mantengono buoni, ma poco prima della partita prevista per il 2 giugno si  incrinano radicalmente a causa soprattutto di due inviati italiani, Corrado Pizzinelli de La Nazione e Antonio Ghirelli del Corriere della Sera. Pizzinelli ad esempio scrive che «il Cile sul piano del sottosviluppo deve essere messo alla pari di tanti paesi dell’Asia e dell’Africa, gli abitanti di quei continenti sono dei non progrediti, questi sono dei regrediti», e in precedenza ha già scritto per Il Resto del Carlino che Santiago era «il simbolo triste di uno dei paesi sottosviluppati del mondo e afflitto da tutti i mali possibili: denutrizione, prostituzione, analfabetismo, alcolismo, miseria… Sotto questi aspetti il Cile è terribile e Santiago ne è la sua espressione più dolente, tanto dolente che perde in sé le sue caratteristiche di città anonima… Interi quartieri della città praticano la prostituzione all’aria aperta». Ghirelli si scaglia apertamente contro la scelta della FIFA di giocare in Cile, scrivendo che «un campionato del mondo a tredicimila chilometri di distanza è pura follia. Il Cile è piccolo, è povero, è fiero: ha accettato di organizzare questa edizione della Coppa Rimet, come Mussolini accettò di mandare la nostra aviazione a bombardare Londra. La capitale dispone di settecento posti letto. Il telefono non funziona. I tassì sono rari come i mariti fedeli.» I media cileni danno grande risalto a questi articoli alimentando nella popolazione una sorta di odio verso l’Italia, tanto che addirittura un giornalista argentino viene picchiato in un locale notturno poiché scambiato per italiano. In più c’è l’annosa questione degli oriundi che vestono la maglia azzurra, pratica mai gradita dal calcio latinoamericano.

Inizia il mondiale, Cile-Italia è il secondo turno del gruppo 2. Nelle rispettive partite d’esordio gli azzurri hanno pareggiato 0-0 contro la Germania Ovest e i padroni di casa si sono imposti per 3-1 sulla Svizzera. La nazionale italiana, conscia del clima teso che si è venuto a creare, si presenta all’Estadio Nacional di Santiago con l’intenzione di smorzare i toni, ma i garofani bianchi distribuiti ad alcuni dei 66.000 spettatori sugli spalti e i gesti distensivi sono ricambiati da bordate di fischi. “Operazione simpatia” fallita quindi, ma non c’è più tempo, il match sta per iniziare e l’Italia ormai dovrebbe pensare solo a riscattare la mancata qualificazione al mondiale svedese di quattro anni prima. L’arbitro designato è l’inglese Ken Aston, peraltro già fischietto della partita tra Cile e Svizzera. [2] Un arbitro passato alla storia per aver inventato i cartellini oltre che per la disastrosa direzione della partita di cui parleremo.

La battaglia di Santiago

Ferrini accompagnato fuori dal campo

L’inizio dell’incontro è subito all’insegna dell’aggressività: primo fallo fischiato dopo 12 secondi e prima espulsione al 7’ ai danni dell’azzurro Giorgio Ferrini, reo di aver reagito a un intervento da dietro di Honorino Landa. Ne segue una discussione durante la quale l’oriundo Humberto Maschio viene colpito con un pugno dal cileno Leonel Sánchez senza che Aston, di spalle, si accorgesse di nulla. Nel regolamento del calcio non sono ancora previste le sostituzioni, pertanto Maschio deve giocare tutti i 90’ con il naso fratturato. Intanto Ferrini non vuole lasciare il campo e devono intervenire i Carabineros de Chile, la polizia locale. La partita poi ricomincia, anche se è continuamente interrotta da interventi fallosi da parte di entrambe le squadre. Al 38’ l’episodio più violento: sempre Leonel Sánchez cade a terra dopo un contrasto (regolare) di Mario David, che però tornando sulla palla entra di nuovo in contatto con l’avversario.

La battaglia di Santiago

Espulsione di David

Il cileno, peraltro figlio dell’ex campione di pugilato Juan Sánchez, rifila un pugno stavolta a David, ma Aston anche in questa occasione non si  accorge di nulla e assegna un calcio di punizione ai padroni di casa. Poco dopo David reagisce a questo episodio entrando pericolosamente su Sánchez, l’arbitro stavolta vede ed espelle l’azzurro. Ci pensa di nuovo la polizia ad accompagnare fuori dal campo il calciatore azzurro, e in tutto i Carabineros devono intervenire altre tre volte nel corso dell’incontro. L’Italia, in nove e con Maschio malconcio, riesce a difendere lo 0-0 fino a diciassette minuti dal termine, ma poi crolla sotto i colpi di Ramirez al 74’ e Toro al 88’. Quella che poi è passata alla storia come “battaglia di Santiago” inficia il cammino azzurro nel mondiale, visto che il successivo 3-0 contro la Svizzera non basta per approdare ai quarti di finale e convince la Sampdoria a portare in Italia Toro, all’insegna del compra chi ti fa gol. Il Cile invece arriva in semifinale, dove è sconfitto 4-2 dal Brasile (che poi vincerà anche la finale ai danni della Cecoslovacchia), e si aggiudica il terzo posto battendo 1-0 la Jugoslavia nella “finalina”.

Cile-Italia del 2 giugno 1962 è stata subito etichettata come la partita più violenta mai disputata. Aston è stato immediatamente sommerso dalle polemiche per la condotta disastrosa; lo stesso arbitro in futuro ha poi ammesso che avrebbe dovuto sospendere il match, ma non lo ha fatto perché temeva un’insurrezione popolare. I giornali italiani acuirono il clima già teso, sorvolando sui falli commessi dagli azzurri e calcando la mano sulla condotta violenta degli avversari e sull’arbitraggio “a senso unico” di Aston, tanto che il consolato cileno a Milano è stato sorvegliato per diverso tempo dopo la partita per timore di rappresaglie. Alcuni giornalisti però si sono scagliati anche contro gli italiani espulsi, accusandoli di essere emotivamente fragili (Gianni Brera ad esempio ha scritto di Ferrini che «sciocco, sicuramente drogato oltre il lecito (…) esce piangendo: insisto, in anormali condizioni psichiche. Anzi psicoaminiche») e contro il tecnico Ferrari, che per la partita decisiva aveva lasciato in tribuna Rivera, Bulgarelli, Losi e Sormani.

A cinquant’anni di distanza possiamo affermare che questa partita, pur essendo un caso limite, è una sorta di manifesto dei mali che continuano ad affliggere il nostro amato calcio: la FIFA che non si fa scrupoli di fronte alle situazioni dei paesi scelti per ospitare i Mondiali, giornalismo – sportivo e non – che irrompe violentemente sui campi da gioco creando tensioni che probabilmente non esisterebbero, condotte violente da parte dei calciatori, incapacità di molti arbitri, campanilismi, nazionalismi spiccioli, polemiche prima della partita, polemiche durante la partita e soprattutto polemiche a posteriori. Manca all’appello solo il calcioscommesse, altrimenti la gamma sarebbe stata praticamente completa.

daniele

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[1] Il Cile nel momento in cui riceve l’assegnazione del Mondiale non è una nazione di grandi tradizioni calcistiche: di fatto ottiene in questo modo la prima “qualificazione”, visto che l’edizione della Coppa Rimet del 1930, l’unica a cui aveva partecipato, era a invito
[2] Unico caso in tutte le edizioni dei mondiali, il Paese ospitante è quindi arbitrato per due volte di seguito dallo stesso direttore di gara. Conseguenza comunque delle proteste italiane all’iniziale designazione dello spagnolo Ortiz de Mendibil, ricusato in quanto ispanofono come i cileni.


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