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La bufala ciclica della chiusura dei coffeeshop di Amsterdam

Creato il 26 settembre 2013 da Turiang

bufala chiusura coffeeshop amsterdam

Giambattista Vico non poteva conoscere Studio Aperto e i giornali italiani, ma già agli albori del 1700 aveva partorito la famosa teoria dei corsi e ricorsi storici. Detta in due parole nella storia dell’uomo i fatti tendono a ripetersi ciclicamente e così se la Cina per secoli è stata la più grande potenza mondiale, adesso ci ritroviamo nuovamente schiacciati dalla sua importanza economica, oppure scendendo più sul pianeta “Terra terra” l’Inter ha necessitato di 40 anni circa per ripetere gli albori della presidenza di Angelo Moratti e probabilmente ora per altri 36-37 non vincerà nulla dopo il Triplete. Chiaro adesso?

Ma che c’entra Vico con l’informazione italiana e i coffeeshop olandesi? La sua teoria dei corsi e ricorsi storici si applica fedelmente ogni due anni circa nel caso specifico dei coffeeshop di Amsterdam e della loro più volte paventata chiusura.

In principio era stata l’introduzione anche in Olanda della legge antifumo sul modello italiano. Vietato fumare nei locali pubblici, indipendentemente dalla tipologia. Era il 2009 e i proprietari dei coffeeshop, mentre il parlamento discuteva la proposta di legge si chiedevano “E noi che nasciamo come locali in cui è consentito fumare? Avremo una deroga?”. No, niente deroghe aveva risposto la politica, sottointendendo “non siamo in Italia”. Dove nel frattempo l’informazione si era scatenata nel predire l’immediata chiusura dei coffeeshop.

La legge fu poi effettivamente approvata, ma con un dettaglio che salvava i coffee: vietato fumare tabacco. Per cui il parlamento sostanzialmente stabiliva la legalità dei purini. Roba da creare paradossi incredibili, immaginate un controllo di polizia: (avrei pagato oro per assistervi)

Poliziotto: “Documenti”

Fumatore: “Prego, sono maggiorenne”

P: “Vedo che sta fumando all’interno di un locale pubblico”

F: “Controlli pure, c’è solo erba all’interno”

P: “No grazie, non fumo mai in servizio, si sente dall’odore. Si goda la sua vacanza, tot ziens”

F non risponde più perchè era all’ottavo tiro ed è collassato.

Per evitare di ritrovarsi il locale pieno di gente svenuta i coffeeshop avevano iniziato a mettere a disposizione dei clienti una strana erbetta sostitutiva del tabacco ma la cosa è durata non più di sei mesi. Un paio di aspiratori funzionanti più o meno bene, l’accortezza di chiedere ai clienti di non lasciare sul tavolo le sigarette e nei coffeeshop si fumava e si fuma come prima della legge antifumo.

Non nasce nel 2009 però l’avversione di gran parte della politica olandese contro i coffeeshop. Il problema deriva dal fatto che la legge del 1973 che li istituiva evitava accuratamente di prevedere un canale di approvvigionamento dei prodotti. In sostanza ufficialmente nessuno sa da dove si riforniscano i locali, visto che la coltivazione a livello commerciale è vietata anche per loro. In verità i loro fornitori sono rappresentati dal mercato nero. Nè più nè meno di quello che avviene ogni giorno nei Paesi proibizionisti. E’ questa la grande ipocrisia del sistema olandese. La polizia è la prima a sapere, ma fin quando i proprietari dei coffeeshop si tengono lontani dai grossi traffici illegali che a partire dai Paesi Bassi inondano di droghe varie il resto d’Europa, chiudono un occhio. Perchè? Perchè il mercato legale della cannabis vale milioni di euro l’anno.

Proseguendo sui corsi e ricorsi storici, la chiusura dei coffeeshop era stata data per certa nuovamente a fine 2011, in vista dell’introduzione del Wietpas, ovvero il divieto d’ingresso ai non residenti. Questo è il servizio di Studio Aperto sulla “notizia”.

Terrorismo informativo. Come se altrimenti fosse economico prenotare un aereo a Capodanno per una qualsiasi capitale europea. Ma a furia di battere sul tasto della chiusura il concetto in Italia è sostanzialmente passato o quantomeno ha creato grossa confusione. Ancora oggi, a due anni di distanza, sono in molti quelli che mi chiedono “Voglio venire ad Amsterdam per la prima volta, è vero che non si può più fumare se non sei residente?”

Si, si può fumare, basta avere 18 anni e un documento in tasca. Il Wietpas è stato approvato solo nelle province del Sud (a Maastricht per capirci) e anche lì non sta dando grandi risultati visto che sono tornati gli spacciatori di strada. Per contrastare l’approvazione nazionale del provvedimento si sono mossi i sindaci di Amsterdam, L’Aja, Rotterdam e Utrecht (le 4 città principali) e manco a dirlo Eberhard van der Laan, il primo cittadino di Amsterdam era in testa ai “rivoltosi”. Solo ad Amsterdam ci sono circa 200 coffee. Quanto vale il turismo della cannabis sull’economia cittadina? Moltissimo.

Senza i “turisti sballoni” non chiuderebbero solo i coffeeshop. Pensate all’indotto: alberghi, ostelli, negozi di souvenir, ristoranti e le centinaia di posti di cibo da portare via che basano la loro economia sulla mancanza di difese del consumatore sballato davanti a zuccheri, insegne fosforescenti e cibo spazzatura.

La prossima volta che sentite parlare di una imminente chiusura dei coffeeshop cercate di approfondire l’argomento, informatevi meglio se v’interessa e non credete all’informazione “imboccata col cucchiaino” che spesso viene propinata dai media italiani. La vera spada di Damocle sul futuro dei coffeeshop sono le leggi antiproibizionistiche che alcuni Paesi hanno iniziato ad approvare. Da quando ad esempio il Colorado e lo stato di Washington hanno consentito la vendita di cannabis e derivati anche a scopo ludico il turismo americano ad Amsterdam è crollato. Non ci sono dati ufficiali, ma basta guardarsi intorno o chiedere ad un proprietario di coffeeshop. Perchè attraversare l’Atlantico se si può fumare negli Stati Uniti?

Per cui se da bravi italiani volete venire ad Amsterdam a farvi le canne e comprare gli odiosi cappellini peruviani, non saranno certo gli olandesi a dirvi di no. Anzi, potreste trovare il sindaco a spalancarvi le porte…

sindaco di Amsterdam dà il benvenuto nei coffeeshop


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