Eccoci alle prese con un’altra ondata di stereotipi. Vecchi-ma-nuovi, sparati su Facebook in modo virale, da qualche giorno.
Due ragazzine, due adolescenti: la mora e la bionda, la buona e la cattiva, la difendibile e l’indifendibile, la fata e la strega.
Accade questo: la mora buona è picchiata dalla bionda bulla (storie di amiche, di amori, di cose dell’adolescenza).
Tutto in un video girato da un amichetto del gruppo – come oggi spesso accade tra giovanissimi e non solo – mentre altre/i in numero approssimativo di 30-40 (si dice) stanno a guardare divertiti.
O – comunque – se ne fregano altamente della ragazzina che subisce calci e colpi in varie parti del corpo.
Sì, ho visto il video (ma non lo linko qui, perché si tratta di minorenni) e mi sono arrabbiata tantissimo: avrei voluto essere lì a difendere la ragazzina che subisce, allontanandola dai calci dell’altra, sicura di sé, aggressiva, incalzante nel suo infierire.
Poi, cercando qua e là su Facebook, vedo un link particolare.
E’ una pagina creata come conseguenza-contrapposizione di quel video.
E’ una pagina creata – si dice – con “l’intento di condannare qualsiasi forma di violenza”.
Ma nella suddetta pagina – invece – trovo un susseguirsi di offese e definizioni violente rivolte alla ragazza-bulla (e non linko neppure questa pagina, datevi pace, perché si tratta di minorenni).
Allora mi viene proprio da pensare a queste due bambine di quattordici anni: una aggressiva e l’altra succube.
Entrambe ora sono delle VITTIME: di se stesse, l’una dell’altra, di un video virale violento, del gruppo-branco di sedicenti amici, della pagina Facebook che mette alla gogna, di chi non le ascolta, di chi ride di loro, di chi si scandalizza e tira avanti…
Ed è pure colpa mia. Perché ne scrivo, ma non ho soluzioni.
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CONTATTI 08 febbraio 2014: 20.757
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