“La Bella Addormentata” di Bellocchio, solo una storia italiana?
Però sempre mi sveglio,
e sempre voglio essere morto,
per restare con la mia bocca
preso nella rete dei tuoi capelli.
(Mare Dentro)
Sedici minuti di applausi hanno fatto seguito alla proiezione del film “La Bella Addormentata” , di Marco Bellocchio, al 69° Festival del Cinema di Venezia. Sedici lunghi minuti in cui il pubblico ha sprigionato commozione e approvazione per una pellicola che porta ancora in luce un tema caldo in Italia, quello dell’ eutanasia. Liberamente ispirato al caso di Eluana Englaro, il film ripercorre gli ultimi giorni della ragazza inserendo 4 storie inventate che ruotano intorno alla “Bella Addormentata”. Il regista dà così voce a quattro personaggi, quattro idee, quattro percezioni della medesima situazione, evitando così di avanzare, perlomeno in maniera eclatante, una tesi. Ampi consensi hanno accompagnato finora il film, ma non sono mancate le critiche di chi ha trovato troppa “italianità” e poco respiro internazionale : il caso Englaro, che tanto ha fatto discutere il bel Paese, il personaggio politico, la questione del potere e della confusione socio-ideologica… In realtà la tematica è stata già affrontata dal cinema e non è la prima volta che al Lido approda un film che tratta dell’eutanasia. Nel 2004 era stata la volta dello spagnolo Alejandro Amenabar con il suo “Mare Dentro” , film struggente e appassionante che consiglio a chiunque interessi la difficile questione e sia incuriosito da una prospettiva diversa che manca nel film italiano: quella del malato.
Ramon (interpretato da un magistrale Javier Bardem) è un ragazzo di 28 anni reso tetraplegico da un banale incidente in mare. Il dolore del ragazzo è qui protagonista, il canale di espressione del film è incentrato sulla sua tristezza e la sua rabbia, la necessità della morte è manifestata da chi la prova in prima persona. Sebbene la tesi del regista spagnolo sia qui più evidente , nei dialoghi tra i personaggi e nella battaglia legale contro lo Stato per l’eutanasia, lo stile delicato e rispettoso si manifesta pienamente nello sguardo incantato del protagonista nei confronti di quella vita che non desidera più, ma di cui riesce ancora ad assaporare ricordi, sensazioni, odori.
Oltrepassando poi i confini europei, c’è un altro grande film sull’eutanasia che ruota intorno ad una terza prospettiva ancora, quella medica. “You don’t know jack – Il Dottor Morte” è la storia vera di Jack Kevorkian (Al Pacino), medico americano di origini armene che dal 1990 al 1999 permette, tramite un espediente per eludere la legge americana, di procurare a 130 persone malate l’eutanasia. Il film, mai uscito nelle sale e prodotto per la televisione nel 2011, si limita a raccontare i fatti così come sono avvenuti realmente, riproponendo anche scene e dialoghi di alcuni dei processi della lunga battaglia legale che ha spaccato in due l’opinione pubblica : una contro l’accanimento alimentato da interessi dell’ industria farmaceutica (tesi avanzata dal dottore), l’altra sostenitrice del valore “vita” sempre e comunque.
La storia di Eluana rompe così i confini nazionali per ricollegarsi ad altre storie, di altri luoghi , con altre prospettive e opinioni diverse, a dimostrazione di come i concetti di vita e morte, di dolore, di dignità siano così profondi da pizzicare ogni corda di qualsiasi animo umano, così universali ma allo stesso tempo individuali, così pubblici eppure non definibili, nemmeno dall’etica, qualunque essa sia