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La caduta di Icaro (Olvido García Valdés, Spagna,1950)

Da Fabry2010

La caduta di Icaro  (Olvido García Valdés, Spagna,1950)

La caduta di Icaro

I crepuscoli si succedono,

fa freddo

e le case di mattoni crudi in periferia

si riflettono nelle pozzanghere immobili.

La Terra rivoltata.

I crepuscoli si succedono.

Cezanne portò a tale altezza

la natura morta

che le cose esternamente morte

riacquistano vita, dice Kandinsky.

Vita è emozione,

ma rimarrà di voi

quel che è rimasto degli uomini

che vissero prima, avverte Lucrezio.

E’ poco: polvere, qualche immagine comune

e resti di edifici.

L’anima muore con il corpo.

L’anima è il corpo. Oppure rimangono

tre fotografie, se qualcuno muore.

Finanche un gesto inesplicabile,

impertinente negli occhi, come una sfida,

drizzatosi. Corpo è l’altro.

Irriconoscibile. Dolore.

Soltanto corpo. Il corpo non è io.

Non l’io.

L’immobilità delle cose

nel crepuscolo. La quiete,

per esempio, degli edifici.

Il calare delle ombre

muto e spento..

Come occhi,

due pietre azzurre mi guardano

da un anello.

Gli anelli diligentemente sfilati

alla fine.

Come quello di giaietto e argento

O quest’altro di un pallido, pallido rosa.

Volti e luci

vi si riflettono nitidamente.

Di notte corro per un campo

in discesa, corro fra gli arbusti

e urto contro qualcosa di vivo

che cerca di raggomitolarsi, di ritrarsi.

E’ un bambino piccolo, gli domando

chi è e mi risponde: nessuno.

Questa respirazione profonda

e questo nodo nella zona pelvica

che si disfa e fluisce. Questo sono io

e allo stesso tempo

il dolore alla nuca e agli occhi.

Trascorsa la gioventù,

si sta alla mercé della paura.

2

Verde. Verde. Acqua. Marrone.

Tutto bagnato, coperto di fango.

E’ inverno. E’ percettibile

nel silenzio e nella luminosità

come dell’aria.

Io sono molto piccola.

Un corpo che cammina.

Un corpo solitario;

il malato nella pelle, nello sguardo.

Lo stupore, la durezza assoluta

negli occhi. L’impenetrabile.

Lo squilibrio

fra interno ed esterno.

Un corpo ammalato che avanza.

Da un interno di vetri molto ampi

contemplo gli alberi,

C’è un vento leggero, un movimento

Silenzioso di foglie e rami.

Come qualcosa di sconosciuto,

in  sospeso. Più in là.

Come una luce

di sbieco e quieta. Il verde

Che ferisce o accarezza. Brezza

verde. E se io fossi morto

tutto questo sarebbe egualmente così.

Da  Exposición ( 1979)

Traduzione di Franca Alaimo

Proposta di Susanne Detering



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