Settimana dopo settimana, “Tutto Matto”, la commedia musicale sugli anni ’80 da me scritta e messa in scena da Officine Papage, comincia a prendere forma.
E, come già dicevo qualche settimana fa, una volta decisa la trama, delineati i caratteri dei personaggi e riarrangiate le nove canzoni che si intrecciano al copione per formare la storia d’amore tra vita professionale e tivù dei due protagonisti, il grosso del lavoro è quello di decidere quali memorabilia scegliere per “arredare” la vita dei due protagonisti Alice e Sebastiano dando al tutto un’atmosfera evocativamente eighties.
Si tratta in primis di selezionare gli orrendi abiti che allora sembravano meravigliosi (dal giubbetto Moncler alle camice larghissime di colori improponibili passando per terrificanti giacche con le spalline), poi di buttarsi tra oggetti ormai antichi ma straordinariamente all’avanguardia nell’86 (dal videoregistratore grande quanto un tavolo da pranzo all’avvenieristico Commodre 64, senza scordare la romanticissima cabina del telefono a gettoni con l’insegna giallo-limone della SIP).
E si tratta, ovviamente, di spiluzzicare canzoni che escono dalla radio, e sigle e jingles sparati dalla tivù, nonché tutti quei suoni e quelle voci che hanno accompagnato il decennio.
Io per esempio sto insistendo come un pazzo (e combattendo con l’opinione contraria di altri componenti della compagnia) perché credo non si possa fare a meno di inserire un piccolo contributo audio che ho personalmente montato con tutto il mio amore e la mia passione intellettuale mettendo in rapida sequenza una serie di brevi estratti da interviste a Moana Pozzi.
A beneficio delle (spero tantissime) persone che vedranno lo spettacolo da qui ai prossimi due anni, non voglio anticipare troppo di quello che accadrà durante lo show, ma a mio parere in quel collage ci sono due-tre frasette che Moana pronuncia e che rappresentano il decennio meglio di quanto non lo abbiano fatto i libri di Tondelli, i film di Vanzina o le compilation Mixage della Baby Records.
La sua voce è inconfondibile, la riconosce in due secondi anche chi non ha mai visto un suo film hard (ammesso e non concesso che ancora esistano, in Italia, persone che non hanno mai visto un film hard della Pozzi).
Non so.. sarà che io ero già a tredici anni ero un promettente pornografo in erba, ma io, a risentirla rispondere alle domande con un misto di intelligenza e provocazione inimmaginabili in questi tempi di veline e escort, mi sento percorrere tutta l’anima da un brivido erotico di nostalgia. E di colpo, senza che darmi la possibilità di accorgermene, grazie a Moana il presente è scomparso, e io sono di nuovo lì, nel bel mezzo del 1987.
Magazine Cultura
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