LA CAMORRA I PROFILI ORGANIZZATIVI E I SUOI RITUALI
LE ORIGINI-IL MOMENTO PIÙ ALTO
LA CRISI E IL DECLINO-LA PRESUNTA FINE
Inizialmente fu una setta segreta. L'introduzione a Napoli, cui giunse nel '500, avvenne attraverso le stesse strade utilizzate dal tressette. D'altronde, risulta evidente anche oggi, la città così come tuttora ci appare sul piano della organizzazione urbanistica e nel costume, iniziò a formarsi con la dominazione spagnola che principiò nel 1504. Alla stessa risalirebbero l'abitudine al turpiloquio, alla bestemmia, alla magniloquenza, al tradimento, alla spudoratezza, alle pratiche superstiziose, alla paganizzazione del cattolicesimo, alla vendicatività, alla sporcizia e all'accattonaggio. Tutto ciò è notato nel suo dialogo Antonius dal Giovanni Pontano. Anche il Bouchard in Un parisien à Rome et à Naples en 1632 rileva un legame fortissimo con la Spagna: furono essi a incrementare il vizio del gioco, a invogliare agli inganni, a diffondere l'omosessualità. E furono i dominatori spagnoli a spiegare come fosse organizzata una società segreta da loro esistente fin dal 1417: la CONFRATERNITA DELLA GUARDUNA. Di questa si sa: l'organico era rappresentato dai guapos, ovvero i coraggiosi detti anche punteadores (accoltellatori); dai floreadores (assaltatori), ergastolani formatisi nei bagni penali di Siviglia, Malaga, Metilla, da cui erano fuggiti. Erano detti anche fratelli aspiranti; dai fecelles (soffiatori): gli anziani nobili, dipendenti del santo Uffizio. Erano i confidenti che, godendo della possibilità di accedere a notizie di prima mano, indicavano i colpi da portare a termine. Anche le donne vi svolgevano ufficialmente un ruolo: erano le coberteras (le copritrici). Altri, giovani dai 10 ai 15 anni, erano detti chivatos (caprioli), dopo un tirocinio formativo di un anno, divenivano postulantes. Due anni ancora e diventavano guapos. Altre donne erano le sirenas: la loro avvenenza era lo specchietto per le allodole; avevano il compito di attirare le vittime. L'attività prevalente era rivolta verso la creazione di una rete di rapporti: guardie, scrivani, magistrati inquirenti, vescovi della Inquisizione. Terzi, non appartenenti alla organizzazione, potevano avvalersene per lo sfregio: il classico taglio reso indelebile attraverso lo sfregamento con sego sciolto in aceto. Il capo della Guarduna era l'hermano mayor. Il suo potere si distribuiva ai capatazes, i capi provincia, dotati di gran potere; si avvalevano dei rapporti con il mondo della politica. Lo statuto della Guarduna ,redatto a Toledo nel 1420, firmato "EL CAMILLUDO", il terzo, come conteggiò la stessa organizzazione, fu il modello per stabilire i vari frieni della camorra. È da lì che nascono figure come: il galantuomo che, avendo buon occhio e buone orecchie, può divenire membro; la matrona che, essendo esperta in cose di giustizia, potrà conservare e vendere i frutti delle attività; le giovani che, presentate da altri fratelli, sapranno garantire con il corpo e l'anima la confraternita; i chivatos che saranno formati a cura e spese della associazione e che non potranno avere autonomia sin quando non avranno bene appreso; i postulantes avranno l'incarico delle eclissi, ovvero del furto e di questi dovranno vivere; i guapos saranno incaricati degli oscuramenti, ovvero gli accoltellamenti, e dei sotterramenti, ovvero degli assassini, dei viaggi, ovvero delle rapine, dei bagni o battesimi, ovvero affogamenti, con facoltà di delegare ad altri fratelli, ma sotto la propria responsabilità.
Le cobertera avrebbero ricevuto il dieci per cento sulle operazioni condotte; le sirenas sei maravedis per ogni corona versata alla confraternita dei guapos. Il capataz, il capo provincia, veniva nominato do 6 anni di onorevole servizio. Tutti avevano l'onere di morire ma non confessare.
Differenza fondamentale con la camorra delle origini: questa non si occupava di furti e rapine. Non è dato ritrovare documentazione che la riguardi relativa al Cinquecento, Seicento e Settecento: non usava ancora il nome CAMORRA. Il termine si attesta grazie a Gian Battista Basile: lo fa in una novella del Pentamerone: Le facettero vedere camorra de telette de Spagna. Come si può immaginare, la parola si riferiva a un modo di vestire adottato in Spagna. Per gli studiosi, invece, deriva comunque dallo spagnolo e significa "contestazione, diverbio, rissa", assorbito dall'arabo Kumar , che era un gioco ai dadi, proibito dal Corano. Attraverso questi significati ritornò in Spagna, assumendo il significato di un gioco ai dadi dove era possibile sorgessero contestazioni. A Napoli, rivestitasi dei nuovi significati storicamente formatisi, la ritroviamo in una ordinanza emessa nel 1735: la "de aleatoribus". È facile notare come si riferisca all'alea, ovvero ai rischi connessi ai giochi di azzardo. Si tratta di una normativa che elencava le bische tollerate e menzionava "la camorra innanzi palazzo", ovverosia la bisca che operava di fronte alla reggia.
Ricercando nei secoli bui, le origini della setta vengono via via chiariti e si perviene alla scoperta di tracce in base alle quali si svela che i fini erano: l'imposizione delle tangenti, l'uso del duello rusticano, la ramificazione nelle carceri con l'estorsione ai nuovi venuti di una tassa detta olio della Madonna e la pratica dello sfregio nei confronti dei delatori.
Nel 1647, dopo la rivoluzione di Masaniello, assume il nome di "Società dei Mastri Ferrari". Si reggeva sui proventi della cosiddetta CONTROGABELLA: importatori ed esportatori dovevano sottostare alla tassa da loro imposta per poter essere protetti. Nel 1651 si afferma una organizzazione che dichiara l'intenzione di voler liberare Napoli dal giogo spagnolo: la "Compagnia della Morte". Anche i suoi componenti ricorsero alla estorsione. Vi è stato chi ha sostenuto che fosse costituita anche da artisti di gran nome, come Salvator Rosa, ma validi studiosi hanno provato come fosse una leggenda. Altri nomi successivi: "Società degli Impaciati"; "Compagnia degli Smanicatori" che ruotava attorno a una scuola schermistica. I camorristi non disdegnarono l'uso della religiosità per conseguire protezioni e occultarsi: si affermò il fenomeno dei cosiddetti "abati di mezza sottana". Erano sotto mal fatte vesti talari nascondevano le armi. E si giunge cosi alla imposizione di "paci con violenza" e "matrimoni a forza".
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Come è segnalato in seconda di copertina di STORIA DELLA CAMORRA DAL CINQUECENTO AI NOSTRI GIORNI I riti, le vicende, i protagonisti, di una setta che da cinque secoli impone tangenti ai napoletani. Gesta, delitti e amori di capintesta, guappi, mammasantissima e giovanotti onorati, di Vittorio Paliotti,
la camorra, ovvero LA BELLA SOCIETÀ RIFORMATA, raggiunse il trionfo, il momento di più alta visibilità, nel settembre 1860: nel passaggio dei poteri dal governo borbonico ai volontari di Garibaldi, un ministro dell'interno incaricò la camorra di mantenere l'ordine pubblico. Inizia così una fase di imborghesimento e agli inizi del '900 pare che sia stata debellata grazie a un'opera pressante dei carabinieri. Il dopoguerra ce la riconsegna trasformata: è una potente holding affaristica campana. Oggi, dopo anni di guerra tra le FAMIGLIE, lo si legge dappertutto, con altre associazioni di stampo mafioso, è dilagata nel resto d'Italia e fuori dai confini nazionali.