La casa che vorrei, è come quella che si vede sulle riviste patinate, o nelle foto che fanno il giro del mondo, in un solo clic.
Non una di quelle case perfettine, capiamoci bene, nelle cui cucine sembra che nessuno abbia mai cucinato, sulle cui sedie sembra che nessuno si sia mai seduto, e in cui sembra che, per vivere, tu debba essere una modella che non suda mai, non si lava, non puzza, non si sporca, e nemmeno respira.
No, la mia casa è già un bazaar in miniatura.. la vorrei solo più grande. Composta da almeno 100 stanze, magari da arredare ognuna in stile diverso, e in cui stipare il bendidio da rigattiere che ho accumulato in anni di viaggi, e tutti i ricordi, e magari tutte le persone a cui voglio bene.
E gatti, migliaia di gatti che si aggirano placidi e felici per quelle stanze, dormendo in quei letti come fossero loro i padroni, rendendo le stanze calde, rendendole vive, rendendole indimenticabili e un pò misteriose.
Forse, la casa che vorrei dovrebbe essere un albergo.
Ma non un albergo di design, a 5 stelle lusso, pieno di comfort, e così freddo da far spavento. (e beh, nemmeno un Overlook Hotel, per quanto l’idea possa essere affascinante, soprattutto con la neve), no. La casa albergo che vorrei, ovrebbe essere un bed and breakfast di campagna, una di quelle pensioncine a conduzione familiare. Ogni stanza di un colore diverso, magari affacciata sul mare come la casa di “Come un Uragano”, avete presente? Finestre blu e tutto il resto.
Oh si, la casa che vorrei dovrebbe essere proprio così.
Piena di cose, da traboccare. Da andar via storta su quelle gambette forti, e magari capace anche di spostarsi qua e là all’occorrenza. Come il castello errante di Howl, come la sua antenata, l’isba della vecchia Baba Yaga, che cammina su una sola zampa di gallina.
Così, potrei portare con me la mia casa, dovunque voglia andare. La mia chiocciolina, la mia copertina di Linus. Piena di tutte le cose che sono, e di quelle che sarò, piena dei miei sogni e dei miei ricordi. Dei posti che ho visitato, e di quelli dove andrò, della gente che ho incontratoe di quella che incontrerò, delle storie che mi hanno raccontato e di quelle che ancora non ho udito.
Ci sarebbero i miei vestiti, appesi in ogni dove, e ognuno racconterebbe la sua storia. E ci sarebbero le scarpe, oh si, quante ce ne sarebbero!
E ci sarebbero lampade colorate appese in ogni dove, e candele accese, candele ovunque. Si, nella casa dei miei sogni non dovrei preoccuparmi di pagare l’elettricità.
Così dovrebbe essere. Libera. E spensierata.