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La Cassazione sugli scontri di Roma del 15 ottobre 2011: no alla attenuante dell’«avere agito per suggestione di una folla in tumulto»

Creato il 17 luglio 2013 da Ilkomboloi @IlKomboloi

Fotografie che hanno convinto i giudici a non concedere nessuna attenuante. Ieri Saviano ha scritto un articolo: “Perché l’Italia non va in piazza”? Forse la risposta è data da questa sentenza.  8760980

Depositate oggi le motivazioni della Suprema Corte sugli scontri di piazza avvenuti a Roma il 15 ottobre 2011. Un pomeriggio di guerriglia: quella che doveva essere una protesta pacifica per manifestare contro la crisi economica e contro i costi della politica si è trasformata in un incubo per la Capitale. Gli “indignati”, che avevano promosso il corteo e che erano partiti con le migliori intenzioni, con cori e bandiere colorate, sono stati sconfitti da 500 giovani incappucciati e armati di bastoni, mazze, bombe carta e fumogeni che si sono infiltrati facendo degenerare la giornata di mobilitazione”, con queste parole il Corriere.it del 15 ottobre 2011 descriveva gli scontri. Oggi sono state depositate le motivazioni della Corte di Cassazione.

I giudici di Piazza Cavour hanno adottato una “linea dura” non riconoscendo nessuna attenuante ai protagonisti degli scontri. In particolare, la Corte ha condiviso le conclusioni cui erano giunti i giudici d’appello il 13 novembre 2012, i quali avevano evidenziato che l’imputato in questione aveva fatto parte di un «nutrito gruppo di facinorosi, impegnati in una violenta aggressione nei confronti delle forze dell’ordine», e che era stato«individuato mentre, rimasto isolato, lanciava ancora un sasso all’indirizzo degli agenti».

La Suprema Corte ha poi ritenuto di escludere qualsiasi possibilità di concedere all’imputato l’attenuante dell’«avere agito per suggestione di una folla in tumulto» stante l’esistenza di fotografie che testimoniavano come il giovane avesse lanciato anche un tubo incendiario per danneggiare un blindato della Polizia. Sempre con riguardo all’attenuante in questione – osservano i giudici – essa «èconfigurabile allorché ricorrano tre presupposti:

1) una moltitudine di persone addensate in un determinato luogo e agitate da passioni che determinino uno stato di eccitazione violenta collettiva;

2) la presenza, in mezzo alla folla, del soggetto agente che non abbia avuto, in precedenza, intenzione di commettere l’illecito;

3) un nesso di causalità psichica tra la suggestione emanata dalla folla e la condotta illecita»;

Solo in presenza di queste 3 condizioni potrà aversi la scriminante di cui all’art. 62, n.3 c.p.
Tuttavia, questi presupposti non sono ravvisabili nel caso in questione poiché l’imputato è stato «chiaramente notato dagli operanti mentre, insieme ad un nutrito gruppo di giovani, poneva in essere un vero e proprio attacco armato, mediante l’uso di picconi, spranghe, sassi e sanpietrini, nei confronti delle forze dell’ordine» e proseguì tale condotta anche quando «rimase isolato dagli altri componenti del gruppo». In altre parole, l’imputato avrebbe tenuto una condotta che non costituisce affatto l’effetto della concomitanza di plurime e separate iniziative di singoli soggetti, bensì il prodotto di una azione concertata tra i violenti che avevano già deciso la strategia per gli attacchi alle forze dell’ordine.

Questo è il riassunto di quanto afferma tale sentenza fatto dal sito giurisprudenzapenale. Ma è giusto che nel condannare qualcuno si faccia ancora riferimento al codice Rocco del 1930, e soprattutto al reato di devastazione e saccheggio? Proprio ieri ha fatto scalpore un articolo di Roberto Saviano pubblicato sull’Espresso nel quale si legge: “Certo i sindacati, i lavoratori, gli studenti manifestano, ma lo fanno con linguaggi assai diversi dalle rivolte che qui stiamo raccontando e il messaggio che passa è che manifestino per sé, che manifestino escludendo, per difendere categorie, in alcuni casi rendite di posizione. Ecco perché guardiamo a queste piazze in rivolta con un senso di nostalgia, come fossero rappresentazione di qualcosa che qui da noi non potrà più accadere.” Allora, come direbbe Lubrano, “La domanda sorge spontanea”. Perché si pensa che queste categorie protestano per se stesse? Se succedesse una rivolta come quelle citate nell’articolo, Saviano le appoggerebbe o parlerebbe di Black Block e anarco/pazzi? Sicuramente si cercherebbe, ancora una volta, di distinguere i buoni dai cattivi, i violenti dai non violenti, affermando che si può scendere in piazza ma in maniera civile, come se qualcuno crede ancora al fatto che i politici italiani ascoltano le istanze della piazza. Disillusi.



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