Come tutti gli artigiani, anche il fabbro ha bisogno di attrezzi, ed è anche l’unico che sa come costruirseli. Non il falegname, non il sarto, non l’idraulico, ma il fabbro può forgiare martelli, tenaglie, incudini, scalpelli, forbici. E gli strumenti per pensare? Chi li costruisce? E come sono fatti?
Filosofo della mente, psicologo e direttore del Center of Cognitive Studies della Tufts University, di Medford in Massachusetts, Daniel Clement Dennett è certo una delle menti più originali del nostro tempo. Dopo L’idea pericolosa di Darwin (2004), Sweet Dreams e Rompere l’incantesimo (2006-2007), torna oggi in libreria con un nuovo e importante lavoro: Strumenti per pensare, edito in Italia dai tipi di Raffaello Cortina (traduzione di Simonetta Frediani, pagg. 538, € 29,50) per la collana diretta da Giulio Giorello Scienza e Idee. Settantasette pillole al gusto di fosforo per potenziare l’immaginazione e mantenere l’attenzione. Una vera e propria cassetta degli attrezzi da filosofi con strumenti e indicazioni utili ad affrontare con eleganza ed efficacia alcuni degli argomenti più insidiosi della contemporaneità: l’evoluzione, il senso delle cose, la costruzione della mente e il libero arbitrio.
«Pensare è difficile», scrive Dennett nell’introduzione. «Pensare a certi problemi è così difficile che il solo pensiero di pensare a quei problemi può far venire mal di testa. Il mio collega neuropsicologo Marcel Kinsbourne suggerisce che quando pensare ci sembra difficile è sempre perché il percorso accidentato per arrivare alla verità è in competizione con altre vie più facili e allettanti, che poi risultano essere vicoli ciechi. È questione di resistere alle tentazioni e la fatica del pensare è dovuta per lo più a questo. Subiamo continui agguati e dobbiamo armarci di coraggio per realizzare il compito. Puah!».
Con ironia e leggerezza Dennett svela tutti i trucchi della storia del pensiero: dal rasoio di Occam alla reductio ad absurdum, idee felici di filosofi celebri e che pur tuttavia si dimostrano, rilette, allegre e accessibili alle menti curiose che vogliano collaudarle. L’obiettivo dichiarato è quello di insegnare a «riflettere in maniera corretta e con eleganza su questioni difficili».
E c’è posto anche per un briciolo di astrofisica. Nello strumento 61 Dennett accompagna il lettore su un pianeta alieno, dove due lune che sorgono ai lati opposti dell’orizzonte si muovono l’una verso l’altra in un cielo gelido e nero; presto un satellite passa dietro l’altro ed entrambi continuano il loro tragitto agli antipodi. Siamo su Marte, a milioni di chilometri da casa.
Fragili membrane di tecnologia terrestre proteggono un corpo femminile dal micidiale freddo del deserto rosso marziano. Come nei migliori film di fantascienza c’è un’astronave in avaria e la Sandra Bullock della situazione rischia di non tornare più sulla Terra. Addio ad amici, famiglia, e ai luoghi che ha lasciato. Ma forse una debole speranza c’è: nella sezione di trasmissione del veicolo fuori uso ecco un teletrasportatore Teleclone Modello IV con tanto di manuale d’uso. Basta accendere gli strumenti, sintonizzare il raggio verso il Pianeta blu ed entrare nella cabina di trasmissione: rapido e indolore il Teleclone smonta il corpo umano, ne copia ogni molecola e tramette tutte le informazioni sulla Terra dove un marchingegno analogo, con i serbatoi ben forniti degli atomi necessari, rigenera la nostra eroina che può riabbracciare figli e marito.
La fine terribile sul pianeta rosso è evitata. Ma siamo sicuri – chiede Dennett – che la persona teletrasportata sulla Terra sia la stessa che è stata disintegrata su Marte? È morto qualcosa nel deserto marziano? Esiste ancora la stessa persona che c’era prima del teletrasporto? Che cosa la rendeva unica e cosa la distingue dal clone che ne è stato ricavato?
Un esercizio di fantasia, quello di Dennett, che innesca complessi ragionamenti nel cervello del lettore. I grandi problemi della tradizione attingono nuova forza da discipline come la biologia evoluzionistica, la neurofisiologia, la logica matematica e le varie teorie della cosiddetta intelligenza artificiale. Ne emerge una nuova idea di umanità, destinata a ribaltare i presupposti della morale, dell’antropologia, del diritto.
E nell’aria sembrano risuonare le parole che la Regina Rossa rivolge all’Alice di Lewis Carroll in Attraverso lo specchio: «Quando ero giovane, mi esercitavo sempre mezz’ora al giorno. A volte riuscivo a credere anche a sei cose impossibili prima di colazione».
Fonte: Media INAF | Scritto da Davide Coero Borga