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La cattiva scuola del governo Renzi.

Creato il 17 settembre 2014 da Cirano2

La cattiva scuola
IntroduzioneGli autori del testo #labuonascuola (subito in testa alle classifiche degli hashtag di tw, dopo pochi minuti) hanno usurpato il nome di una legge di iniziativa popolare che negli anni tra il secondo governo Berlusconi e il secondo Prodi propose, dopo ampia condivisione tra gruppi di insegnanti che avevano animato i comitati contro la Moratti, una piattaforma complessiva di riforma della scuola incentrata su alcuni punti essenziali, in primis la difesa della scuola pubblica. Ma uno più centrale: l'aumento della spesa pubblica per la scuola. Non un contentino di 60 euro a testa per i meritevoli o un miliardo per una gigantesca operazione di propaganda una tantum, dopo averne sottratti 8 con un'altra mano pochi anni prima.Per una curiosa coincidenza questa legge ha ripreso il suo iter il 31 luglio scorso grazie all'iniziativa di alcuni senatori. E il 3 settembre, puntuale, ecco piovere questa serie di diapositive che dovrebbero rappresentare, secondo chi l'ha montate, la riforma complessiva della scuola, la rivoluzione o non so che altro. Poco più che un dépliant di una catena di alberghi, sia nella grafica che nel tono ammiccante: "Un progetto che riguarda sessanta milioni di persone. Un paese intero che ha deciso di rimettersi in cammino". Al quale si potrebbe controbattere che forse, mentre voi stavate giocando a berlusconi e berluschini noi qua si lavorava. E abbiamo subito quattro riforme della scuola una dopo l'altra. E in mezzo alle rovine di quella che doveva essere la scuola pubblica italiana, additati all'opinione pubblica come fannulloni, abbandonati dai sindacati. abbiamo continuato a svolgere "il mestiere più nobile e bello": abbiamo aiutato a "crescere le nuove generazioni", ma senza la fanfara.Una riforma progettata da anni da ragionieri dell'economia, prestanome di piccole imprese fallimentari, vescovi e lacché ministeriali e che viene presentata, con un carattere esagerato in una delle prime pagine, come la riforma condivisa da tutti: "Perché per fare la buona scuola non basta un governo. Ci vuole un paese intero". Il paese intero è la stessa Giannini a circoscriverlo quando a Rimini proclama che tutti sono chiamati a partecipare: "famiglie, docenti, imprese e sindacati". Senza un ordine preciso. O forse sì. La riforma "complessiva" invece si limita a due obiettivi: l'espulsione dei precari dalla scuola pubblica e la redistribuzione dei quattro soldi che ormai non ci sono più.Sul primo punto la demagogia governativa raggiunge un apice mai scalato: tutti i precari storici verranno assunti, il fondo del barile delle graduatorie a esaurimento verrà raschiato fino all'ultima goccia. E anche di più: ogni tre anni verranno assunti dei giovani abilitati attraverso un concorso. Questa cosa dei precari tutti assunti la prima parte dell'opuscolo la ribadisce in continuazione, con diverse sfumature. Per esempio: che fine faranno le graduatorie di istituto? Non esisteranno più perché gli iscritti alla prima fascia, che corrisponde alla terza fascia delle graduatorie a esaurimento, saranno tutti assunti. Sulla terza fascia ci stiamo lavorando, del resto in questa fascia c'è gente che ha insegnato una settimana e un giorno: ci vogliamo prendere il rischio di considerarli precari? Se hanno lavorato una o più settimane per quindici anni in quattro diverse classi di concorso cosa cambia? La somma delle parti, ci insegna un filosofo, "non fa il tutto", i residui raramente sono compresi in un impianto propagandistico.Come si può criticare un documento che, per risolvere il problema del precariato, dice che i precari saranno tutti assunti? Non si può criticare. Si sta alla finestra ad aspettare che arrivino le coperture finanziarie e il sogno si avveri. Ci sono dei precedenti. Il piano di Fioroni aveva previsto l'assunzione di 150000 precari in tre anni. Il primo anno ne furono assunti 50000. L'anno dopo arrivò la Gelmini e non se ne fece più di niente. Se è vero che “so' tutti uguali” si è trattato solo del gioco delle tre carte. Intanto si registra un fatto positivo: nella prima pagina gli autori del documento si domandano: sono troppi gli insegnanti in Italia? Risposta scontata dalla Moratti in poi con medie europee e quant'altro, benedetta dai conduttori di talk show di ogni fascia oraria e giornalisti con vaga propensione verso l'economia, in prima fila il Giannini tanto celebrato che è succeduto a Floris. Invece i nostri autori scrivono “non abbastanza” e dichiarano che “le supplenze servono a rimpiazzare parte del contingente complessivo di docenti di cui lo Stato ammette di aver bisogno stabilmente”. Da cui discenderebbe necessariamente, con maggiore coraggio, che i precari sono una risorsa e non una piaga, e che i posti che loro stabilmente occupano ogni anno sono organico di diritto. E darglieli non è una così grande notizia.L'impossibile lo faremo, per i miracoli ci stiamo attrezzando. Viceversa, il possibile i presenta più problematico. Mancano due soldi per mandare in pensione 4000 docenti che hanno totalizzato 96 anni tra anzianità di servizio e età anagrafica e non c'è una lira per gli scatti da qui ai prossimi mondiali di calcio. Sono un sacco di soldi. Il dicastero dell'economia ha detto no in modo categorico a spendere soldi per la scuola. Nel caso ne vogliono qualcuno indietro, dicono da via XX settembre. Le assunzioni sui due piedi non costano niente. Ma siccome i precari sono, come piace definirli anche al documento “la buona scuola”, storici, entrano con una bella carriera che possono rivendicare a breve. Insomma, lo Stato non è il Milan o la Juve dove a un certo punto il signore facoltoso che siede in tribuna vip può fare gesti generosi. Anche se sarebbe tanto liberatorio.Per restare nel dominio del possibile e del livello più basso della retorica governativa, quello dove i precedenti governi, senza nome e cognome, sono criticati per le "riforme incomplete e scelte di corto respiro" che hanno portato a ingrossare un precariato che si è esteso a macchia d'olio; politiche, quasi senza soluzione di continuità, ispirate al ridimensionamento della scuola pubblica (con qualche inevitabile regalo a quella privata), sorge una domanda certo altrettanto retorica: come è pensabile abolire il precariato e "assumere tutti i docenti di cui la buona scuola ha bisogno" senza un'inversione di tendenza rispetto a quelle politiche? Naturalmente il documento non ha il tono folcloristico che ha usato la Giannini nel presentare il piano scuola al meeting di Cl. Gli autori sono stati abili nel rivestire ogni concetto di una vernice accattivante. Ma basta grattare un po' per ritrovare i luoghi comuni che conosciamo bene. I supplenti annuali per esempio sono definiti "sconosciuti" (le virgolette sono loro). Gli studenti preferiscono avere a che fare con “docenti con cui hanno già familiarità". Chi fa, in modo volontario o coatto, gli straordinari e sarà premiato attraverso la banca delle ore e i bonus (poco).Il guadagno è solo d'immagine. Il problema delle supplenze, se è un problema, viene spostato all'interno della rete. I genitori non diranno più  "mia figlia ha avuto tre supplenti", anche se putacaso ne cambierà uno al giorno. Delle implicazioni sulla didattica si dice ben poco, come è prevedibile. Ma forse è da prendere per buona l'affermazione che il ministro Giannini fa in un'intervista al Sole 24 Ore, dove dice: "la riflessione che abbiamo avviato sulle competenze degli studenti vuole rivisitare sia la didattica nelle classi, che non significa solo digitalizzazione e coding ma anche didattica interattiva, sia il rapporto tra ciò che succede in aula e ciò che accade fuori". Se c'è un conservatorio vicino a scuola, spiega la ministra, è uno spreco che non ci sia un collegamento. E se invece c'è un ristorante? Le competenze didattiche non sono richieste, l'importante è saper fare tante cose, il docente duttile prima ancora che flessibile. Quando Giannini parla della formazione che manca ai 750 000 insegnanti a cosa si riferisce esattamente?L'inganno più grande: questa riforma è stata presentata come una "riforma complessiva", annunciata da effetti speciali. Difficile non vedere che si tratta solo del primo passo in una direzione già tracciata da Berlinguer a Profumo, passando attraverso Moratti. Aprea e Gelmini, la perfetta continuità tra i quali rispecchia la "profonda sintonia" tra Berlusconi e Renzi: la fine del contratto come sistema per regolare i rapporti tra amministrazione e lavoratori. L'ampliamento dell'orario settimanale oltre le 18 ore rientra dalla finestra. La riforma degli organi collegiali in senso privatistico diventa quasi un corollario, e l'organico di rete riecheggia la proposta di Aprea degli albi regionali con concorsi banditi dalle istituzioni scolastiche con cadenza triennale. La chiamata diretta, più o meno mascherata, idea centrale anche nel programma presentato da Renzi per le primarie del Pd nell'autunno del 2012, tema di cui oggi il ministro Giannini, in un'intervista a "Repubblica", parla senza vergogna, spiegando uno dei meccanismi fondamentali dell'organico di rete: "All'interno della rete di scuole questo [ovvero consentire ai presidi di chiamare gli insegnanti che ritengono utili] sarà possibile. Un dirigente potrà inviare un docente d'arte che ha vinto il concorso in un istituto e uno di geografia in un altro".
L'Europa minaccia di multarci se non riduciamo il numero dei precari. E noi li assumiamo come pacchi. E poi li smistiamo.
Una prima riflessione sul titolo: “La buona scuola – Facciamo crescere il Paese” oppure “La buona scuola di Renzy's” e co.??Per iniziare, non possiamo far a meno di notare quanto sia singolare il fatto che una proposta di “riforma” della scuola partorita dall’attuale Governo, porti un titolo non burocratico, bensì uno squisitamente ideologico. A prima vista si tratta di un titolo che potrebbe essere superficialmente interpretato come “buonista”, com’è nella migliore tradizione piddina. Tuttavia, crediamo, a nessuno potrà sfuggire il retrogusto logico di questo apparentebuonismo: se la scuola “buona” fa crescere il Paese, chi è contro questa “riforma” è, invece, fautore di una scuola cattiva e, quindi, in realtà vuole porsi come ostacolo alla crescita del Paese (non a caso siamo in recessione, e qualcuno potrebbe sentirsi autorizzato a pensare che sia tutta colpa della scuola)! Ma la cosa più stupefacente, che nelle intenzioni dovrebbe spiegare il motivo del titolo, viene dalle prime parole dell’Introduzione. Perché all’Italia serve la scuola “buona”? Perché - questa è la risposta - essa “sviluppi nei ragazzi la curiosità per il mondo e il pensiero critico. Che stimoli la loro creatività e li incoraggi a fare cose con le proprie mani nell’era digitale”! Quindi, l’assunto di partenza, per il quale si rende necessaria la riforma, è che la scuola cattivasinora non è stata in grado di stimolare la curiosità dei ragazzi e lo sviluppo del pensiero critico! Evidentemente Renzi, e lo staff del MIUR che ha redatto questo documento, ha in mente la scuola dell’epoca di De Amicis, e dunque la soluzione del problema va ricercata nella capacità di iniettare (nel corpo docente, cioè in corpore vili) quella giusta dose di spirito di iniziativa, di avventura e di sacrificio che sono propri del mondo scoutistico! E vogliamo parlare del “fare cose con le proprie mani nell’era digitale”? A parte la sensazione piuttosto consistente, e comunque sgradevole, di una palese contraddizione logica che questa infelice espressione evidenzia, ma, la domanda reale è: sinora chi ha impedito alla scuola italiana di entrare nell’era digitale? I “cattivi maestri” o i Governi che negli ultimi anni hanno badato soltanto a tagliare a mani basse le risorse ad essa destinate? Infine, la domanda delle domandePerché il Paese ha bisogno di questa riforma? Perché essa si propone di “dare al Paese una Buona Scuola dotandola di un meccanismo permanente di innovazione, sviluppo, e qualità della democrazia”! Vediamo questo “meccanismo”!Cap. 2 Le nuove opportunità per tutti i docenti: formazione e carriera nella buona scuola
Al centro del progetto renziano troviamo la necessità di dare impulso alla “qualità” del docente, i quali dovranno essere “valutati e responsabilizzati pubblicamente”, e dai quali “ci si aspetta inoltre che non insegnino solo un sapere codificato (più facile da trasmettere e valutare), ma modi di pensare (creatività, pensiero critico,problem-solving, ecc.)”. A tal fine verrà creato “un gruppo di lavoro dedicato e composto da esperti del settore [che] lavorerà per un periodo di tre mesi per formulare il quadro italiano di competenze dei docenti nei diversi stadi della loro carriera”! Come si opererà concretamente per realizzare questo tipo di competenze, delle quali sino ad ora la scuola italiana era evidentemente a digiuno?I docenti devono essere i primi a potersi giovare di una formazione costante”, che non sia di ostacolo alla continuità didattica come sinora avvenuto”! Non riuscendo a capire come, sino ad ora, la formazione sia stata di ostacolo alla didattica, pure, continuiamo a chiederci: di che cosa si “gioveranno” i docenti? “Al docente va offerta l’opportunità di continuare a riflettere in maniera sistematica sulle pratiche didattiche; di intraprendere ricerche; di valutare l’efficacia delle pratiche educative e se necessario modificarle; di valutare le proprie esigenze in materia di formazione; di lavorare in stretta collaborazione con i colleghi, i genitori, il territorio”.
Ammesso e non concesso che, sino ad ora, i docenti non abbiano mai fatto riflessioni di questo tipo, tutti concentrati com’erano sugli scatti automatici di carriera, la domanda che a questo punto si impone è la seguente: ma è proprio vero che i docenti si “gioveranno” di questa nuova “opportunità” che viene loro così generosamente “offerta”? La risposta, inopinata, giunge immediatamente: “Per fare questo, bisogna rendere realmente obbligatoria la formazione, e disegnare un sistema di Crediti Formativi (CF) da raggiungere ogni anno per l’aggiornamento e da legare alle possibilità di carriera e alla possibilità di conferimento di incarichi aggiuntivi”. Ora, anche coloro che si occupano con tenacia e costanza di problem solvingdevono riuscire a spiegare come si riesca ad “offrire una opportunità”, da un lato, e renderla, dall’altro, obbligatoriaper la progressione di carriera! Chiaramente ciascuno potrà anche rifiutare una offerta così generosa, ma lo scotto da pagare sarà quello di rinunciare a un’altra opportunità: quella della progressione economica per anzianità di servizio! D’altro canto perché accanirsi nel ricercare una progressione economica, se gli stipendi sono quelli pubblicati a p. 49 del documento buonista? Eccolo:La cattiva scuola del governo Renzi.Ci chiediamo da dove Renzi, la Giannini o chi per loro abbiano ricavato una simile tabella?! Dal paese di Bengodi? Dall’ARAN tedesco o da quello inglese? Per quello che ne sappiamo i nostri compensi, fermi all’ultimo contratto stipulato nel 2009, sono invece i seguenti (N.B.: ad essi dovrà essere aggiunta la 13^ mensilità):
La cattiva scuola del governo Renzi.


Due soli esempi per capire l’abisso esistente tra queste due tabelle. Prendiamo la posizione del docente laureato di scuola sec. di II°, conanzianità da 0 a 2 anni: tabella buonista: prenderebbe 34.400 euro;   tabella Aran: prende, invece, 20.973 euro! conanzianità da 35 a…….: tabella buonista: prenderebbe 53.985 euro;   tabella Aran: prende, invece, 32.912 euro!Anche volendo aggiungere alle cifre del contratto reale (ARAN) la 13^ mensilità, si comprende bene l’abisso esistente tra realtà e fantasia buonista renziana! Ed è così per ogni scaglione o tipologia di lavoratore della scuola!A quale scopo divulgare una simile, plateale menzogna?

Ma facciamo un passo avanti e chiediamoci per quale motivo dovremmo aderire alle nuove opportunità di carriera offerteci? Come dice il documento, intanto dovremo cogliere quest’attimo fuggente al fine di uscire dal “grigiore dei trattamenti indifferenziati”, che ci hanno obbligato sinora ad “accontentarci delle prospettive di carriere fondate sul mero dato dell’anzianità”.    Queste parole potranno indurre qualcuno a credere che d’ora in avanti l’anzianità di servizio perderà la centralità che ha avuto nella progressione stipendiale, per acquisire uno status subordinato rispetto al nuovo meccanismo di progressione che si intende introdurre. SBAGLIATO! La progressione per anzianità verrà semplicemente ABOLITA! NON ESISTERÀ PIÙ!Essa sarà sostituita erga omnes da un nuovomeccanismo, che definire perverso è dir poco! Esso, infatti, si fonderà su dei crediti, che vengono così delineati:La cattiva scuola del governo Renzi.
Come si può facilmente intuire, da queste nuove disposizioni non solo sparisce l’anzianità di servizio, ma, di conseguenza, anche il lavoro che si svolge all’interno delle classi: un docente appena assunto e uno con 30 anni di servizio alle spalle sono, come ogni buonista sa, perfettamente identici, perché in realtà sono trascorsi, come insegna la relatività einsteniana, col “paradosso dei gemelli”, 30 anni di vuoto assoluto!In compenso, che cosa verrà premiato? In primo luogo la “qualità didattica”, che però il documento si guarda bene dal definire, nonché di spiegare come essa potrà mai essere “certificata” e, ovviamente, anche dall’opportunità di cogliere l’obbligatorietàdella formazione “in servizio”; infine, entrano nella lista anche i crediti “PROFESSIONALI”: una definizione accattivante, astutamente utilizzata per definire tutte quelle attività che non hanno proprio nulla a che fare con la didattica reale e che, quindi, non hanno, in realtà, nulla di professionalizzante!
Veniamo all’ultima questione. A che cosa servirà accumulare questi crediti? Come abbiamo già detto essi costituiranno l’unica condizione indispensabile per accedere alla progressione economica! Come infatti viene specificato: “Periodicamente, ogni 3 anni, due terzi (66%) di tutti i docenti di ogni scuola (o rete di scuole) avranno diritto ad uno scatto di retribuzione. Si tratterà del 66% di quei docenti della singola scuola (o della singola rete di scuole) che avranno maturato più crediti nel triennio precedente”!   Quindi, se è vero che, secondo le nuove disposizione, si potrà accedere agli aumenti soltanto grazie all’accumulo di “crediti”, ciò però non sarà comunque vero per tutti, ma solo per il 66% del corpo docente! Ma con quale meccanismo? Con quello che il documento definisce ipocritamente un “incentivo sano” (p. 58). Il 66% degli aventi diritto sarà infatti costituito – rileggiamo – da coloro “che avranno maturato più crediti nel triennio precedente”! In altre parole, “l’incentivo sano” sarà una guerra di tutti contro tutti a chi accumula più crediti degli altri!! Ma perché  tale incentivo riguarderà “solo” il 66% del totale? Lo spiega lo stesso documento con un candore che fa quasi dimenticare la spudorettezza dell’ammissione: “Le risorse utilizzate per gli scatti di competenza saranno complessivamente le stesse disponibili per gli scatti di anzianità, distribuite però in modo differente secondo un sistema che premia l’impegno e le competenze dei docenti. Ciò consente all’operazione di non determinare oneri aggiuntivi a carico dello Stato”!!!Infatti, dal 2015 saranno totalmente aboliti gli scatti di anzianità automatici, e la nuova normativa premiale entrerà in vigore solo nel 2018!Quindi, in mancanza di aumenti contrattuali (appena ribadita dal Min. Madia per la P.A.), senza scatti di anzianità, i volenterosi che si assoggetteranno docilmente o meno al nuovo meccanismo premiale, dovranno comunque attendere il 2018 per vedere i primi 60 eurini in saccoccia, maturati non solo grazie ai punti accumulati, ma soprattutto grazie ai risparmi di spesa che lo Stato avrà nel frattempo accantonati ai danni di tutto il comparto scuola!
E’ un patto educativo?Una buona riforma, ma non chiamiamola riforma, chiamiamolo patto educativo, dovrebbe prevedere la reale valorizzazione dell'insegnante come educatore, portatore di valori, conoscenze, esperienze, curiosità, noia.. Un insegnante dovrebbe poter essere indipendente, non anarchico, non libero di fare ciò che vuole, ma indipendente sì, non incontrollabile, invalutabile, ma indipendente sì e per esserlo non deve dipendere da punti, occhi sospettosi, pruderie varie, DS realisti, mercati pavidi, aziende opportuniste. La valorizzazione dei docenti non avverrà con le stelline dorate appuntate dal DS, dal rettore, dal direttore o dalla Findus, ma se potrà studiare, ragionare, ricercare, insegnare confrontandosi con gli altri: DS, imprese, mondo senza timori e senza vergogna. E tutto questo con "La buona scuola " non sarà più possibile. Perché il docente dovrà cercare il bonus, meritarsi il bonus, ma è giusto, direte, dovrà pur dimostrare di essere bravo, di migliorarsi, di adoperarsi, e' giusto che sia valutato e se meritevole premiato più degli altri, prima degli altri. Certo, ma non sarà così perché , prima di tutto non sarà premiato, gli sarà assicurato, se meritevole, ciò che prima era garantito a tutti, l'incremento graduale dello stipendio, poi perché non conterà quanto si sarà impegnato, quanto sarà bravo, quanto sarà accorto, ma quanto sarà bravo, impegnato e accorto "rispetto a", a chi? - direte voi- ai vicini, ai commilitoni vicini- risponde la riforma, pardon il patto educativo. Il bonus scatterà per il 66% dei docenti di ogni scuola, qualsiasi cosa accada, qualsiasi cosa facciano. Il premio, quindi, non dipenderà da bravura e/o abnegazione, ma da fortuna, casualità, posizione. Dice il Renzi che così si stimolerà la mobilità,il ricambio e lo scambio: i docenti con pochi punti( perché di punti si tratterebbe da acquisire con lavoro in più non pagato, temo) si sposteranno verso le scuole con insegnanti peggiori di loro, con punteggi ancora più scarsi per ottenere bonus e carriera. Ma anche no, dico io. I "cattivi docenti" potrebbero coalizzarsi, io li inviterei a farlo: "ragazzi poche storie quest'anno io faccio pochino, lui fa pochetto e tu fai nulla. L'anno prossimo si turna" e via così . Sarebbe bellissimo se lo facessimo tutti, d'accordo, felici. Perché ci trattano in un modo che se noi riproponessimo andremmo in galera. Sai che ridere se io il 12 entro in classe e dico" buongiorno I A, sono la vostra docente di lettere, quanti siamo quest'anno in prima ragazzi? 27? Ah, bene, allora quest'anno se ne bocceranno 9. E sì più la classe è numerosa, più saranno i bocciati." Me li vedo i pargoli, così stimolati, litigare tra loro a chi studia di più, me li vedo i genitori spronarli al grido" non vorrai mica finire nel 34% degli scarsi...!"E invece, miserrimi che siamo, vedo noi farlo, inconsapevoli del fatto che farlo significherebbe, significa, far la figura del condannato che sorride al boia perché colpisca piano. Primi firmatari:
  • Alerino V Palma Liceo Ginnasio Virgilio-Roma
  • Maurizio Braggion Sec. I grado De Toni –IC Sturla-Genova
  • Margherita Romano  IIS Moreschi- Milano
  • Rosario Dati IIS Pacinotti-Taranto
  • Fabio Cuzzola Liceo Classico-Cittanova (Reggio Calabria)
  • Patrizia Cimino Liceo Scientifico Primo Levi-Roma
  • Carla Marotta Istituto Comprensivo – Anagni (Fr)
  • Carla Sangiorgi IIS- Castel SanPietro (BO)
  • Marisa Moles Liceo Scientifico “Copernico”-Udine
  • Antonia Mele ITST Fermi- Francavilla Fontana (Brindisi) 


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