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La cattura di Abimael Guzmán: venti anni fa l’arresto del leader di Sendero Luminoso

Creato il 12 settembre 2012 da Eldorado

Il 12 settembre di venti anni fa cadeva a Lima, in un’operazione dell’intelligence peruviana, il presidente Gonzalo, al secolo Abimael Guzmán, leader di Sendero Luminoso. L’arresto poneva in pratica la parola fine alla parabola rivoluzionaria del gruppo maoista cominciata nel 1980: senza la mente organizzatrice di Guzmán, la spinta eversiva di Sendero si sarebbe mano a mano estinta negli anni seguenti. Il saldo del conflitto, stabilito nel 2003 dalla Comisión de la Verdad y de la Reconciliación parla di 69.000 vittime, un macabro conteggio che racchiude venti anni della storia peruviana recente, marcata dal terrore imposto non solo da Sendero Luminoso ma anche da quelle Forze armate che, lungi, dall’assicurare lo Stato di diritto si macchiarono di crimini efferati. 
Nemmeno due mesi prima della cattura di Guzmán, Sendero Luminoso aveva compiuto una delle sue peggiori stragi nella capitale. Il 16 luglio 1992, nel quartiere di Miraflores, cuore degli affari e della vita notturna limeña, un’automobile con 400 chili di dinamite era stata fatta esplodere alle nove e venti della sera nella calle Tarata colma di persone che affollavano i ristoranti ed i bar della movida. L’impatto, tremendo, aveva causato la devastazione nei locali e negli edifici che si affacciavano sulla strada, sventrando uffici ed appartamenti. Il bilancio era stato di venticinque morti e 132 feriti, molti dei quali gravi. I membri della Gein (il Grupo Especial de Inteligencia ) a partire da quel momento, cominciano a stringere il cerchio attorno ad Abimael Guzmán, la cui presenza a Lima era stata da tempo confermata.
Nato nel 1934 a Mollendo, cittadina balnearia della provincia di Arequipa, mille chilometri a nord della capitale Lima, Guzmán studia dai lasalliani, ma diventa comunista quando legge ¨Siete ensayos de interpretación de la realidad peruana¨, opera fondamentale sulla società peruviana, di José Carlos Mariátegui fondatore del Partido Comunista Peruano. Fulminato dalla rivoluzione culturale cinese, Guzmán crede fermamente che per ridare speranza al Perù arretrato e succube dell’oligarchia militare, ci sia bisogno di una rivoluzione che attinga dal maosimo più radicale. L’opposizione al regime, l’attrazione fatale del maoismo, la questione indigena collimano nella mente di Guzmán in un’unica teoria (il pensiero Gonzalo) che diventa la base prima della corrente estremista del Partido Comunista Peruano e poi di un partito a parte che, con il ritorno alla democrazia del Perù, sceglie la clandestinità e la lotta armata. È il 1980 e le prime azioni di Sendero Luminoso fanno intendere che il movimento lotterà per il riscatto sociale delle popolazioni della sierra. L’equivoco dura poco: il 3 aprile 1983 i senderisti uccidono 69 contadini a Lucanamarca e, da quel momento, le Ande si trasformeranno in un inferno. Guzmán vuole il potere comunque sia, chi non è con Sendero è contro Sendero, senza importare razza e condizione sociale. I contadini che si oppongono al processo rivoluzionario vengono passati per le armi, le comunità andine rastrellate senza pietà. Alla crudeltà dei senderisti, le Forze Armate rispondono con altrettanta brutalità, con esecuzioni sommarie, eccidi, carneficine. La popolazione civile è presa nel mezzo di un conflitto che ha perso di vista ogni meta e che, con il passare degli anni, diventa una prova di forza tra due bandi incontrollabili. Il governo peruviano, prima con Fernando Belaúnde e poi con Álan García, sommerso in una crisi senza precedenti –le punte dell’inflazione sotto García raggiungono il 2775% nel 1989- non ha nessuna risposta. Anni di potere militare soggiogano una democrazia troppo debole, che si piega alla logica repressiva e che si rende così complice di efferati massacri (dalle stragi di Accomarca e Putis, a quelle eseguite nelle carceri di Lima nel 1986). Quando García lascia, il Paese è in ginocchio. La forza militare di Sendero Luminoso raggiunge ormai i ventimila effettivi, divisi in differenti colonne che si muovono sulle Ande, mentre a Lima operano differenti cellule che seminano il terrore. 
La cattura di Abimael Guzmán: venti anni fa l’arresto del leader di Sendero LuminosoGuzmán, intanto, è una primula rossa. I suoi proclami infiammano le università e muovono nuove forze verso le Ande senza che la polizia o i servizi segreti riescano ad individuare il covo del leader senderista. Fujimori, che assume il potere nel 1990, per prima cosa fa piazza pulita nelle Forze armate, poi nel governo. L’autogolpe dell’aprile 1992 gli consegna un potere praticamente assoluto che significherà non solo la rinascita economica, ma anche stragi di Stato, repressione e un culto illimitato alla propria personalità. Da quando assume il potere dittatoriale, il cruccio di Fujimori diventa uno solo: scovare Guzmán e debellare così Sendero Luminoso.
L’attentato di Miraflores obbliga il Gein a stringere i tempi. Da nemmeno un anno, la strategia dell’intelligence peruviana è cambiata.  Gli agenti hanno abbandonato le tattiche repressive da Stato poliziesco ed hanno intrapreso un lavoro investigativo profondo, che li ha portati a conoscere ogni minimo dettaglio della vita di Abimael Guzmán. Il Gein ha compilato un identikit abbastanza fedele delle manie e dei bisogni del leader di Sendero, tra i quali ci sono il culto alla buona cucina peruviana (caucau, ceviche, mondongo ed una passone speciale per i succhi di frutta fresca) e, soprattutto, l’impellenza di dover curare una fastidiosa psoriasi che lo tormenta sin dal 1973. Gli agenti undercover che tengono d’occhio le presunte case di sicurezza controllano diariamente la spazzatura, nella speranza di trovare un accenno della presenza di Guzmán nei rifiuti dei cibi e dei tubetti delle creme dermatologiche. Una  casa, in particolare, attira la loro attenzione: è una villetta a due piani del quartiere di Surquillo, a pochi isolati di distanza dal luogo dell’attentato di Miraflores, dove ha sede una scuola di ballo. A tradire il presidente Gonzalo è stato un foglio, ritrovato nella spazzatura, con degli appunti che si riferiscono ad una riunione dell’ufficio politico di Sendero. La sera del 12 settembre 1992, quando gli agenti fanno irruzione nella casa di Surquillo, al secondo piano trovano due donne che fanno da scudo ad un uomo seduto su un divano. Sono Elena Iparraguirre e Laura Zambrano, le responsabili materiali degli attentati di Lima. Dietro di loro, Abimael Guzmán. Al momento della cattura, il leader di Sendero Luminoso ha cinquantotto anni ed è visto dai suoi seguaci come un semi-dio. Gli avvenimenti che seguono lo riporteranno sulla Terra. Il circo mediatico montato da Fujimori e dal suo alter-ego, Vladimiro Montesinos, lo mostra ai giornalisti in catene, con l’uniforme a righe dei carcerati, rinchiuso in una gabbia da dove lancia rabbiosi proclami. A molti osservatori dà l’impressione, appunto, di una fiera intrappolata. Sa che non ha scampo e non ha probabilità di fuga e che Sendero si sta disgregando. Negli anni seguenti, dopo un processo che lo condanna all’ergastolo, baratterà scampi di privilegi con proclami in cui chiede ai suoi ex compagni di deporre le armi. L’ultimo dei senderisti a lui fedele si arrende nel 2000. I pochi scampati alle retate militari riorganizzano un Sendero Luminoso di circostanza, che sopravvive nei reconditi dell’Alto Huallaga, ridotto a milizia del narcotraffico. Oggi, sulle Ande, ci si interroga ancora quale sia stata la logica di quella follia che, promettendo giustizia sociale creò solo terrore ed un inferno che migliaia di protagonisti muti di quei giorni non possono dimenticare.

Articolo originale pubblicato sull’edizione digitale di lunedì 10 settembre 2012, de L’Indro: http://www.lindro.it/


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