L’estate 2012, almeno letterariamente parlando, ce la ricorderemo forse per un solo libro, o meglio tre, di non eccelsa qualità letteraria. In barba a tutte le letture migliori che avremo fatto quest’estate, sarà infatti impossibile rimuovere le Cinquanta sfumature di E.L. James che, a prescindere se le abbiamo lette o meno, sono state un tormentone al pari di un fastidioso jingle estivo.
L’autunno fortunatamente porta via con sé anche le peggiori mode estive e si potrebbe finalmente parlare d’altro, ma se oggi rispolvero la trilogia erotica di E.L. James è per parlarvi di un argomento tutto diverso che la coinvolge e che ha a che fare con la Chiesa e con l’annoso problema della censura.
Credevo che fosse ormai maturata, all’interno della Chiesa cattolica, la consapevolezza che la censura ha rappresentato una delle fasi peggiori della sua storia, fase da ritenersi conclusa con la soppressione dell’Indice dei Libri Proibiti nel 1966.
Mi sbagliavo e questo lo dimostra la storia recente con le polemiche innescate in campo ecclesiastico su opere come Il codice da Vinci o Harry Potter. Un piccolo incidente diplomatico ha caratterizzato negli ultimi mesi anche i rapporti tra la casa editrice tedesca Weltbild e Benedetto XVI. La Weltbild, una delle più importanti case editrici tedesche infatti, è interamente controllata dalla Chiesa cattolica tedesca e, sorpresa delle sorprese, non si fa scrupolo ad inserire in catalogo anche pubblicazioni ad alto tasso erotico come la trilogia di E.L. James. Logica di mercato o precisa scelta morale? Che i vescovi tedeschi si siano finalmente resi conto che la censura non paga e può essere invece molto controproducente?
A sostegno di questa tesi vorrei raccontarvi un piccolo aneddoto familiare davvero illuminante.
Nel corso degli anni sessanta/settanta mio nonno era un gran collezionista di romanzi tascabili. Oggi alcuni di quei libri sono entrati a far parte della mia libreria. Sfogliandoli, mi sono accorta che spesso, nelle prime pagine del libro, un “no” scritto a penna campeggiava sotto il titolo. Perplessa, ho chiesto a mia madre se quella scritta avesse un significato e ho scoperto che quando lei e miei zii erano piccoli, mio nonno acquistava e leggeva questi romanzi e poi, ergendosi a censore della moralità familiare, poneva il suo veto sulle letture che riteneva inappropriate, apponendo appunto, in prima pagina, un “no” perentorio.A decenni di distanza non credo che qualcuno abbia ancora rivelato al nonno che, nonostante tutto il suo impegno nel classificare i libri, i primi ad essere letti dai figli erano proprio quelli proibiti, perché, evidentemente, avevano qualcosa di più interessante degli altri.
Ogni attività censoria pertanto non raccoglie i suoi frutti, specialmente se si ha a che fare, come nel caso di mio nonno, con dei figli molto svegli o, nel caso della Chiesa cattolica, con fedeli molto più acculturati e dotati di spirito critico di quanto lo fossero nel Seicento, secolo al quale ogni tentativo di censura della Chiesa avrebbe dovuto a mio parere arrestarsi.
Giulia Lanzolla