La Chiesa ha il suo Francesco, l'Italia (ancora per poco) il suo Giorgio. Che mondo crudele!
Creato il 14 marzo 2013 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Del nuovo Papa ci sono piaciuti alcuni piccoli simbolismi. Certo, un po' il cerimoniale della Chiesa bisogna conoscerlo prima di addentrarsi in spericolatezze verbali, per cui non tutti li colgono immediatamente. Eppure. Francesco Primo si è presentato senza la mozzetta e la stola, che avrebbe indossato solo per la benedizione ma, segno forte, senza la croce d'oro tempestata di lapislazzuli. Al petto solo una misera croce di ferro. Qualcuno potrebbe dire: “E che c'azzecca?” C'entra, c'entra. Perché l'oro è stato (e per qualcuno resta) uno dei simboli più marcati e visibili del potere. Ci dicono che monsignor Jorge Mario Bergoglio (origini piemontesi), sia stato il prete dei “cartoneros”, e che la sua frequentazione dei “barrios” non fosse solo una occasione per applaudite visite apostoliche. Ci dicono che si spostasse per Buenos Aires in metropolitana, magari a Roma lo vedremo al cinema. Ci dicono che sia stato troppo silenzioso durante la dittatura dei militari, quella dei desaparecidos e delle madri di Plaza de Majo, però ci dicono anche che dagli “ultimi” sia stato, e sia, molto amato. È un gesuita, quindi un fine politico, il primo della storia della Chiesa che si erge fino al Soglio di Pietro. È un latino-americano, il primo in assoluto, un segno dei tempi e di una Chiesa madre della “teologia della liberazione” e di Oscar Romero. I primi segnali lanciati da Francesco Primo, sono quelli di una umanizzazione di cui i cattolici sentivano un gran bisogno. Vedremo. Che sia un fine politico lo si è capito subito, dalla scelta del nome. Evidentemente non c'è solo Francesco d'Assisi nella decisione di mons. Bergoglio di assumere un nome mai usato in 2000 anni di storia, ma anche Francesco Saverioche, con Ignazio di Loyola, i gesuiti li fondò. Dicono che subito dopo l'elezione a Pontefice, e aver sbrigato gli affari correnti di public-relations, si sia recato di persona a via della Scrofa per ritirare il suo bagaglio. Altro che al cinema, Francesco Primo lo vedremo, berretto da baseball bianco in testa, in curva sud all'Olimpico. Sistemata, diciamo così, la Chiesa, resta la pena per questa Italia in mano a un presidente che invece di cacciare a calci nel culo i rivoltosi del tribunale di Milano, li accoglie a casetta sua e gli da pure retta, convocando in un amen i vertici del Csm nel tentativo di placare la sete di giustizia di magistrati colti da sindrome forcaiola. Parlamentari o non parlamentari, quei “cittadini” che hanno indebitamente occupato le aule di un tribunale, avrebbero dovuto essere identificati e denunciati, alla stregua degli animalisti che protestano davanti ai negozi che vendono pellicce di visone: gli animalisti sbraitano, i pidiellini occupano indecentemente e impunemente spazi di un potere autunomo, una differenza c'è, si chiama violenza e disprezzo per le istituzioni e ad attuarla non sono gli animalisti. Del settennato di Giorgio Napolitano parlerà la Storia. Quando lo farà, probabilmente noi non ci saremo più. Ma risuoneranno nell'aria le parole di Antonio Di Pietro, l'unico ad averlo capito, l'unico che ha avuto la forza di dire: “Presidente mi scusi, così non va”. Napolitano ha firmato tutto, pure che Ruby era la nipote di Mubarak. Ha firmato i decreti ad personam, le leggi ad personam, i provvedimenti ad aziendam e ad familias. Alla fine gli era venuto pure il crampo dello scrittore, una infiammazione al tunnel carpale che lo faceva urlare di notte. E diceva: “Tanto se lo respingo dovrò firmarlo lo stesso”. Ma almeno non firmare la prima volta, da un segnale di disgusto, fa un discorso a reti unificate e sputtana gli attentatori della Costituzione. O no? I pidiellini minacciano e lui si cala le braghe. Lo chiamano “senso di responsabilità”, per noi si chiama fifa (blu). Quando abbiamo scritto, su questo blog, che i pidini avrebbero dovuto andarsene dalle Camere e lasciare i berluscones a cuocere nella loro brodaglia, non c'è stata mai una risposta. Se poi i grillini li accusano di “correità” non possono prendersela con la verità ma con se stessi. I pidiellini minacciano l'Aventino e il Presidente della Repubblica cede, li coccola, li consola, li dissuade per il bene di un Paese che anche Giorgio, nominando Commissario Mario Monti, ha contribuito a sconquassare. Perché il governo tecnico, quello che ha affossato definitivamente l'Italia, è nato proprio nella testa fertile di un presidente che, lo ripetiamo alla nausea, giudicherà la Storia. E poi che dire delle intercettazioni telefoniche fra il numero uno degli italiani e l'ex ministro Nicola Mancino? Una Corte d'Appello ha detto che dovevano essere distrutte. La Cassazione gli ha risposto: “manco p'o' cazzo”. La Chiesa ha, per il momento, risolto alcuni dei suoi millenari problemi, almeno quelli legati all'immagine della missione. L'Italia dovrà aspettare il 15 aprile. Sta arrivando, meno male!
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