Tempo fa ho letto che in Italia, secondo il Comitato Nazionale di Bioetica (CNB), presieduto dal Prof. Francesco Paolo Casavola, ricorrere alla chirurgia per soli fini estetici sui bambini disabili, in particolare affetti da sindrome di Down, è eticamente non giustificabile. Il parere espresso dal Comitato segue anni di dibattiti innescati da due casi, avvenuti in Gran Bretagna, di bambine con sindrome di Down che i genitori avrebbero voluto sottoporre ad intervento chirurgico per “cancellare” i tratti della disabilità.
Le sedici pagine che compongono il parere espresso dal CNB sono articolate in due parti che affrontano – sia sotto l’aspetto della legittimità sia sotto il profilo della bioetica – la chirurgia plastica e ricostruttiva. In particolare, si ritiene che non sia comunque da considerarsi lecita “la chirurgia estetica su bambini o adulti incapaci con sindrome di Down, finalizzata alla conformazione a canoni sociali di ‘normalità’. Soprattutto se l’operazione presenta un carattere invasivo e doloroso, considerato anche che con questi interventi difficilmente si realizza un beneficio per la persona con sindrome di Down. Senza contare che è frequente la possibilità di accentuare, anziché diminuire, il suo disagio personale”.
Certamente il parere del massimo organo italiano in tema di bioetica serve a far chiarezza su una questione delicatissima riguardante interventi invasivi dolorosi su esseri umani. Il parere è stato accolto con favore dalle stesse associazioni di persone Down che si sono dette assolutamente contrarie a questo tipo di interventi. Persone che sentono di non aver bisogno di alcun tipo di giustificazione, a meno che non vi siano motivazioni di tipo medico-sanitario.
Al di là di qualsiasi moralismo, fa di certo riflettere la scelta di alcuni genitori di sottoporre il proprio figlio Down ad un intervento doloroso solo ed esclusivamente per renderlo “meno” diverso dai canoni estetici che la società impone. Non esiste alcuna prova scientifica, infatti, che un’operazione di chirurgia estetica migliori l’accettazione che la persona o il bambino Down ha di sé, ma, al contrario, il mutamento d’aspetto è spesso controproducente per lo sviluppo della propria identità. Personalmente, ritengo che la chirurgia estetica su persone disabili – intendendo disabilità solo quella fisica e non un ritardo mentale – sia giustificata solo col consenso dell’interessato ed esclusivamente per fini medico-sanitari.