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La città ideale: la recensione

Creato il 08 aprile 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

La città ideale è l’opera prima da regista di uno dei migliori attori del panorama cinematografico italiano, Luigi Lo Cascio, che veste anche i panni del protagonista. Presentato in anteprima alla Settimana della Critica all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e realizzato con il sostegno economico della Regione Lazio, il film ha poi varcato la Manica ed è stato proiettato a Londra al Festival Made in Italy, tenutosi presso il Cine Lumiere.
Michele Grassadonia è un giovane architetto siciliano emigrato a Siena, letteralmente ossessionato dall’ecologia con spirito integralista. Un uomo solo, schernito dai suoi colleghi per il suo stile di vita spartano rappresentato simpaticamente dall’ appartamento misero in cui vive dove tutto è volto al risparmio, comprese le docce con acqua piovana e l’energia per azionare il rasoio elettrico prodotta dalla pedalata di una bicicletta domestica.
Un episodio del tutto casuale gli stravolgerà l’esistenza. Costretto dal suo datore di lavoro a portare a cena la sua amante poiché momentaneamente impegnato con la moglie, Michele prende in prestito l’auto di un amico – che normalmente non usa in nome delle cause ambientali che è solito promulgare. E’ una notte piovosa e la scarsa visibilità lo porta prima a colpire un’ombra e poi a sbattere contro una macchina parcheggiata. Sempre in buona fede, Michele scende dall’auto per soccorrere la persona eventualmente ferita ma non trova nessuno e lascia soltanto un biglietto con i propri dati al proprietario dell’auto danneggiata.
Qualche kilometro più avanti Michele rinviene un corpo sull’asfalto e dopo qualche indecisione chiama i soccorsi. L’incertezza delle sue spiegazioni sull’accaduto al momento dell’arrivo della polizia inducono gli agenti a condurlo in caserma e da quel momento in poi la sua posizione dal punto di vista legale si aggraverà sempre di più fino all’accusa di omicidio colposo dopo la morte dell’uomo che si scopre poi essere una delle figure più in vista della città di Siena.
Michele è ostinato nel racconto della sua verità ma nessuno sembra credergli ed il film oscilla in equilibrio tra realtà, sogno ed immaginazione quasi come in un film di Michelangelo Antonioni dal cui capolavoro Blow Up prende probabilmente spunto l’ultima scena. Il suo unico punto di riferimento è la madre (interpretata dalla mamma di Lo Cascio in persona) che giunge da Palermo per sostenere il figlio in difficoltà.
Il racconto prende a quel punto la forma di un romanzo di formazione al contrario nel quale il protagonista che cerca di imporsi sin dal principio come paladino della giustizia decide di affidarsi alla difesa dell’avvocato siciliano,suggeritogli dalla madre, rinomato per essere il difensore di persone ‘poco raccomandabili’. L’incontro tra i due è sintomatico di come una bugia costruita bene sia ben più credibile di una verità sconveniente per cui il protagonista inizia a rinunciare al suo sogno di verità per ricorrere a degli espedienti che possono valergli l’assoluzione da parte di una società benpensante e disonesta e di un sistema giudiziario come quello italiano di cui si fa beffe. Un altro aspetto importante da rilevare è il rapporto del protagonista con la città di Siena, da lui considerata ‘città ideale’, e che poi si rivelerà essere la scena di un intrico kafkiano nel quale il protagonista rimane intrappolato. Proprio l’integrità e l’onesta del protagonista lo metterà al centro di sospetti che lo condurranno ad una perdita di identità in stile pirandelliano.
Michele è uno ‘straniero’ sulla scia del protagonista dell’omonimo romanzo di Albert Camus; il giovane ecologista è straniero in quanto emigrante ma soprattutto in quanto promotore di un modello di vita estraneo ad una società omologata e spesso indifferente rispetto alle cause di disastri non solo ecologici ma anche esistenziali. Accerchiato da chi lo crede colpevole, chiuso nel buio del sottoscala del suo appartamento che è stato costretto ad affittare per poter affrontare le spese legali, Michele è ormai ridotto sul lastrico perché licenziato e tagliato fuori da tutte le iniziative di cui era stato fautore.
Lo Cascio mette in scena il dramma psicologico di un uomo e del suo desiderio di giustizia rimasto inappagato per anni dopo che il padre era stato anch’egli vittima di ingiustizia in Sicilia. Intessuto di rimandi letterari e cinematografici, il film è un piccolo gioiello per gli amanti del cinema di qualità. La dimensione del sogno, in riferimento alle fantasia di Michele sulla sua giovane affittuaria è infatti di matrice kafkiana; Lo Cascio aveva precedentemente interpretato a teatro il monologo La Tana, tratto dai racconti dello scrittore boemo. Mentre il forte impegno civile e la solidarietà sociale prendono spunto dalla letteratura di Leonardo Sciascia e dalla cinematografia di Elio Petri e Francesco Rosi.
Un debutto alla regia solido che fa ben sperare per i futuri lavori e che conferma il talento di un attore che si era già fatto valere nei panni di Peppino Impastato, simbolo della lotta alla mafia siciliana, ne I cento passi di Marco Tullio Giordana. Un film noir decisamente accattivante, un’indagine sociologica da non perdere perchè supera per originalità uno dei grandi successi di questa stagione cinematografica come La Grande Offerta di Giuseppe Tornatore, che si risolveva con meno spregiudicatezza.
L’uscita nelle sale italiane è prevista per l’11 Aprile.

di Rossella Maiuccaro

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