Questa è una di quelle cose che mi fanno veramente soffrire. È successo che a Udine un giovane studente ha attraversato la strada sull’attraversamento ciclabile, non utilizzando il sottopassaggio per i pedoni (un posto buio e fetido, ma quello è un altro discorso). Lo ha fatto nel cosiddetto “centro studi” di Udine, una zona, come dice il nome, straripante di scuole e di studenti. È stato preso sotto, anzi sbalzato dieci metri, e lotta tra la vita e la morte.
Si tratta dell’ennesimo incidente con morto o ferito grave di cui ormai abbiamo notizia quasi quotidianamente, e già questo fa star male. Ma oltre al danno c’è anche la beffa: pare che tutti diano la colpa allo studente. Addirittura, il sempre più becero Messaggero Veneto fa un articolo denunciando il fatto che due studenti su tre attraversano la strada sulla ciclabile anziché usare il sottopassaggio. Orrore! Degenerazione dei costumi! Allarme sociale! I commentatori all’articolo si scatenano come cani rabbiosi, dando la colpa alla maleducazione, alla giovane età, a tutto insomma fuorché alla velocità del conducente. Tra i due, si immedesimano tutti nel colpevole e nessuno nel ragazzo investito. I commenti tra l’altro sono molto antipatici, come è ormai costume sull’internet italiano: gli altri sono sempre stupidi, cattivi, in malafede, in torto, e noi vittime e basta.
Ora:
- siccome in quella zona c’è un attraversamento ciclabile, i conducenti delle auto dovrebbero comunque rallentare; se le biciclette su quel tratto possono passare, perché investire un pedone è consentito e un ciclista no?
- il codice della strada prescrive che i conducenti rallentino in prossimità delle scuole
- gli adolescenti sono notoriamente imprudenti e dovrebbe spettare agli adulti patentati stare un po’ più attenti dove ce ne sono molti
In realtà, conoscendo il giornale e i suoi lettori, probabilmente se fosse stato investito un ciclista sarebbe successo lo stesso: gli si sarebbe data la colpa. Un articolo di non molto tempo fa, scritto in sub-italiano e troppo ripugnante persino per meritare un link, continuava a sottolineare che una ciclista investita non indossava il casco – che per legge non è obbligatorio. Addirittura si insinuava che fosse stata “vista sfrecciare” giorni prima nel suo paese. Evidentemente meritava di morire.
La verità è che la città dovrebbe essere dei pedoni e dei ciclisti, che non inquinano, la rendono viva, e non creano pericolo, e non degli automobilisti. L’articolo da cui parte il mio post è un caso da manuale: tratta il passaggio degli automobili come un evento inevitabile, come una pioggia forte o un fulmine dal cielo, ed è colpevole chi non si regola di conseguenza. Non c’è un’analisi sull’invadenza delle automobili, sulla necessità di limitare la velocità in prossimità delle scuole, sul fatto che le auto in città vanno a velocità superiori a quelle consentite e gli automobilisti sono spesso distratti. Un pedone distratto è un pericolo solo se ci sono le auto; altrimenti il massimo che può fare è andare addosso alla schiena di qualcuno. È vero che anche un autobus può uccidere; ma è guidato da un professionista il cui unico compito è condurre il mezzo, e comunque fatica a raggiungere, anche volendo, la stessa velocità di una macchina. E in ogni caso, una volta limitate le auto si può pensare a come regolamentare anche i mezzi pubblici.
L’articolo che ho citato, con toni da denuncia sociale e analisi al contrario, si chiude con un’istigazione alla paura, sottoscritta da tutti i commentatori: il valore condiviso non è una città a misura d’uomo, sicura e accogliente – no, è una città in cui il terrore di morire investiti regola i comportamenti di tutti e quindi lascia libere le strade all’unica categoria che sembra avere dei diritti in questa città: l’uomo-automobilista. Quello che non sbaglia mai, che se subisce i controlli è perseguitato, che deve poter bere E guidare, che se prende uno sotto è perché la strada è pericolosa, la segnaletica è da rifare, i vigili non c’erano, i ragazzi sono maleducati, il comune non interviene… mai perché correva troppo. C’era un articolo non molto tempo fa, su un pedone investito, in cui si diceva che chi lo conosceva non riusciva a capire “cosa ci facesse lì”. Evidentemente ci sono aree in cui non si può nemmeno essere, altrimenti è colpa nostra se ci succede qualcosa di brutto. Vi immaginate la vittima di un incidente di caccia cazziata da tutti: cosa andava a fare nel bosco??
Riprendiamoci le città. Basta con la prepotenza delle automobili. Io continuo a non salirci, costi quel che costi. Distruggono il mio mondo.