Continua la polemica su EllaOne, la pillola dei 5 giorni che, dopo essere stata approvata dal Consiglio Superiore di Sanità nel giugno del 2011 e dopo aver ottenuto il via libera dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) nello scorso novembre, dal 2 aprile 2012 è in commercio anche in Italia come già avviene in altri 24 Stati europei.
In merito a tale polemica è intervenuto in un’intervista al settimanale ”Tempi” il dott. Renzo Puccetti, specialista in medicina Interna e membro della Research Unit della European Medical Association, soffermandosi su alcuni aspetti spinosi dei quali abbiamo già ampiamente parlato in precedenza. Secondo il dott. Puccetti il principale problema di EllaOne non è tanto rappresentato dalla possibilità di uso scorretto di tale pillola (ad esempio attraverso l’acquisto online), bensì proprio dalla commercializzazione in sé di un farmaco che «è in contrasto con la nostra legge», in quanto EllaOne viene presentato come “contraccettivo d’emergenza” dal solo effetto antiovulatorio, sebbene sia dimostrato che possa anche impedire l’impianto dell’embrione in utero (effetto antinidatorio), con conseguente aborto dell’embrione.
A conferma di questo potenziale abortivo, l’AIFA ha infatti introdotto l’obbligo per il medico di prescrivere il farmaco solo una volta che la donna dimostri di non essere incinta dopo essersi sottoposta a un test di gravidanza, necessario proprio per evitare aborti. Un paletto che però secondo Puccetti non scongiura del tutto la possibilità di aborti: «Mettiamo che una donna abbia il rapporto sessuale di domenica, giorno in cui ha ovulato. Il lunedì va a chiedere la “pillola dei 5 giorni dopo” al pronto soccorso e lì le dicono che ci vuole il test di gravidanza. Così lo fa il lunedì mattina e l’esito arriva dopo poche ore. Peccato che risulterà negativo, anche se è incinta, così la donna prenderà la pillola e abortirà». Questo «perché se l’ovulazione è già avvenuta e l’embrione è fecondato, ma non ancora annidato in utero, il test non lo vede. Così l’effetto della pillola è solo antinidatorio dell’embrione. Non più antiovulatorio».
Secondo il medico, quanto accade per EllaOne «è come per la Ru486. All’inizio si pensava che ponendo dei paletti (si può somministrare solo in ospedale) la gente non l’avrebbe usata. Ora i numeri del suo utilizzo sono in aumento. Perché la convenienza è sia economica sia psicologica (ai medici non sembra di partecipare attivamente all’aborto). Per altro la donna può firmare le dimissioni e abortire a casa». L’unica vera alternativa è dunque il ritiro di questo farmaco dal commercio poiché «la posizione del male minore in questi casi è perdente. Primo, perché non lo si ottiene, i paletti infatti sono continuamente infranti o raggirati. Secondo, perché nessuno ha educato le coscienze a cosa sia davvero la pillola e al valore della vita dell’embrione».
Lo stesso è stato richiesto, dopo pochi giorni dal suo arrivo nelle farmacie, da 85 parlamentari bipartisan aderenti all’“Intergruppo per il valore della vita” attraverso un’interrogazione parlamentare al Ministro della salute Renato Balduzzi, chiedendo se quest’ultimo «non ritenga che la presentazione del farmaco “EllaOne” come antiovulatorio sia in contraddizione con i dati in letteratura, e se non sia pertanto contra legem e conseguentemente fuorviante indurre le donne, attraverso un’informazione non corretta, ad utilizzare il prodotto al fine di prevenire un concepimento, cioè come metodo anticoncezionale, mentre il meccanismo è prevalentemente antiannidamento o abortivo». Chiedono inoltre se non sia il caso di «sospendere la commercializzazione del farmaco, posto che Ellaone – nel rendere l’endometrio inospitale per l’annidamento del concepimento – risulta agire attraverso un meccanismo post-concezionale anti-annidamento che non è compatibile con la legislazione italiana».